Aggiungere un farmaco anticoagulante di nuova generazione (Doac) alla terapia di pazienti che hanno avuto un infarto grave potrebbe essere la soluzione per prevenire il rischio di un nuovo infarto, ictus o embolie. A dirlo è una ricerca realizzata da Humanitas University e diretta da Giulio Stefanini, pubblicati su JAMA Cardiology, che ha analizzato quasi 500 studi e circa 30mila pazienti con infarto di varia gravità.
La ricerca è stata condotta in collaborazione con l'ospedale San Raffaele di Milano e con il Duke Clinical Research Institute americano. Ad oggi, spiegano gli esperti di Humanitas, il trattamento dell'infarto si basa sulla rivascolarizzazione con angioplastica, seguita da una terapia con due farmaci antiaggreganti per ridurre il rischio trombotico molto elevato in ogni tipo di infarto. "Partendo dall'ipotesi che proprio la somministrazione indiscriminata post-infarto a tutti i pazienti fosse la causa degli scarsi risultati - commenta Stefanini - abbiamo analizzato tutti i dati ad oggi disponibili per verificare se l'efficacia dei nuovi farmaci anticoagulanti cambiasse in base al profilo di rischio dei pazienti. Per la prima volta, abbiamo trovato l'evidenza di un beneficio anti-trombotico molto marcato di questa classe di farmaci, ma solo nei pazienti con la tipologia di infarto più grave e, quindi, con rischio trombotico più elevato". In questi pazienti, i benefici in termini di protezione anti-trombotica "superano di molto il rischio di complicanze emorragiche, mentre nei pazienti con infarto meno grave l'uso dei Doac non è giustificato perché il rischio di emorragie va ad annullare il beneficio anti-trombotico. Questo risultato - conclude lo specialista - apre nuovi e importanti scenari nel trattamento dell'infarto che andranno confermati da studi disegnati ad hoc solo sui pazienti con infarto più grave". (ANSA)