(ANSA) - ROMA, 14 APR - Rischiano discriminazioni
nell'accesso a servizi come l'ottenimento di mutui, la stipula
di assicurazioni sulla vita, l'assunzione in un posto di lavoro
e l'adozione di un figlio: si tratta dei quasi 50 mila giovani
in Italia guariti da un tumore diagnosticato in età pediatrica.
E' la denuncia dell'Aieop (Associazione Italiana di Ematologia e
Oncologia Pediatrica), che ha scelto di supportare pubblicamente
la campagna di sensibilizzazione avviata dall'Aiom (Associazione
Italiana Oncologia Medica) per il Diritto all'Oblio. L'oncologia
pediatrica italiana, si legge in una nota dell'Aieop, vuole
quindi affiancare l'oncologia medica in un percorso comune per
promuovere una legge che tuteli le persone che hanno avuto una
neoplasia.
"Il fatto di essere guarito da un cancro - dichiara Andrea
Ferrari, oncologo pediatra, coordinatore del gruppo di lavoro
Adolescenti dell'Aieop - diventa uno stigma, un peso rilevante
per la vita sociale. Diventa naturale chiedersi del perché la
società - banche, assicurazioni, datori di lavoro o altro -
debba essere liberamente a conoscenza di questa informazione.
Del perché la società non possa 'dimenticarsi' della pregressa
malattia". L'Aieop ricorda che grazie al miglioramento del
percorso di diagnosi e cura, sempre più bambini e adolescenti
con patologia oncologica possono guarire in base a una
proporzione che cresce di circa il 3% ogni anno. Nel dettaglio,
si stima che in Europa vivano dai 300.000 ai 500.000 individui
guariti da un tumore che li aveva colpiti in età pediatrica, di
cui appunto circa 50.000 in Italia, con un'età media di 25-29
anni. Alla guarigione dal loro tumore, però, non sempre
corrisponde la possibilità di vivere una vita con le stesse
opportunità sociali dei loro coetanei. "Occorre ricordare -
spiega Andrea Ferrari, coordinatore del gruppo inter-societario
di Aieop e Aiop dedicato ad adolescenti e giovani adulti - come
il web conservi per un periodo indefinito tutto ciò che viene
condiviso, che rimane visibile potenzialmente a chiunque. È un
paradosso che poi i giovani pazienti si accorgano, magari anni
dopo, che sarebbe invece meglio che la loro storia venisse
dimenticata per poter tornare davvero a una vita sociale normale
e per avere le stesse opportunità dei loro coetanei. Si tratta
di un vero e proprio diritto a essere dimenticati". (ANSA).