Un batterio della placca dentale, Fusobacterium nucleatum, è implicato nel cancro del colon, infatti, una tossina batterica favorisce la crescita del cancro e allo stesso tempo una proteina delle cellule tumorali favorisce l'adesione del batterio alle cellule malate stimolandone ancor più la crescita. Questa cascata di eventi è stata dimostrata in uno studio pubblicato sulla rivista Embo Reports da esperti della Columbia University College of Dental Medicine. Già in passato si era visto che circa un caso di cancro del colon su tre si associa a presenza di Fusobacterium nucleatum e che questi sono i tumori più aggressivi e con prognosi tendenzialmente più sfavorevole.
Gli esperti hanno poi scoperto che una tossina prodotta dal batterio, chiamata 'adesina FadA', potenzia la crescita tumorale. Infine gli esperti hanno scoperto che le cellule tumorali (ma non quelle sane) sono dotate di una molecola chiamata "Annessina A1", cui aderisce il batterio alimentando un circolo vizioso perché più batteri si attaccano alle cellule malate, più Annessina A1 viene prodotta dalle stesse, peggiorando la progressione del tumore. Lo studio ha potenziali implicazioni cliniche, infatti gli esperti, esaminando i dati relativi a 466 pazienti con tumore, hanno evidenziato che quelli con maggiore produzione di Annessina A1 sono i pazienti con prognosi peggiore. L'Annessina A1 potrebbe divenire un marcatore prognostico per predire l'aggressività del tumore e calibrare le cure.
"Lo studio è interessante perché riguarda un batterio molto studiato anche nelle malattie del cavo orale, in particolare nelle parodontiti - spiega all'ANSA Cristiano Tomasi dell'Università di Göteborg in Svezia e socio della SIdP (Società Italiana di Parodontologia e Implantologia) -. Infatti questo microrganismo fa parte del cosiddetto 'complesso arancione', associato alle malattie parodontali molti anni fa. Studi più recenti - continua Tomasi - hanno confermato questa associazione. Inoltre questo batterio è spesso associato alla fase iniziale di una peri-implantite (condizione che mette a rischio la tenuta di un impianto dentale), mentre si trova in basse proporzioni nei soggetti sani".
"Questo studio - conclude l'esperto - non fa che confermare come la comprensione delle interazioni tra il microbioma, cioè il corredo di batteri che ci caratterizza, e la risposta dell'ospite nelle sue varie manifestazioni ci consentirà in futuro di sviluppare strumenti diagnostici e terapeutici sempre più accurati ed efficaci".