Nella bocca (a livello gengivale) dei diabetici che soffrono di parodontite si accumulano 'famiglie batteriche' diverse che potrebbero essere direttamente responsabili della maggiore gravità della malattia parodontale riscontrabile spesso nei pazienti diabetici. quanto evidenziato da uno studio condotto da Marco Montevecchi dell'Università di Bologna. Tale ricerca, vincitrice del premio Cattabriga della Società Italiana di Parodontologia ed Implantologia (anno 2017) e in fase di pubblicazione, ha indagato mediante analisi genetica la componente microbiologica presente nelle tasche parodontali di pazienti (in tutto 40 individui con parodontite, 20 con diabete controllato e monitorato in modo adeguato e 20 senza diabete).
"I due sottogruppi sono stati selezionati specie per quelle variabili con comprovato ruolo nell'affezione parodontale", precisa Montevecchi. I soggetti risultavano quindi estremamente simili per età, condizioni generali di salute, abitudine al fumo e severità del danno parodontale. "La forte somiglianza tra i due gruppi di pazienti - spiega - ci ha permesso di studiare in modo più mirato le differenze del microbiota sottogengivale dei due sottogruppi attraverso le più raffinate metodiche d'analisi del Dna batterico".
Da pochi anni la parodontite è stata riconosciuta come una delle complicanze tipiche (la sesta) del diabete. Nel diabetico la malattia gengivale appare più grave e più frequente, specie se la malattia metabolica non è ben controllata, ovvero se il paziente ha degli sbalzi glicemici. Con buona probabilità il diabetico soffre di forme di parodontite più gravi perché la malattia si associa a caratteristiche alterazioni del sistema immunitario, a problemi del microcircolo periferico e più in generale all'alterato trofismo sia della componente cellulare che extracellulare.
Tutto ciò porta a rallentati processi di guarigione delle ferite in tutto il corpo, anche nel cavo orale, nonché a una predisposizione a processi infettivi. Si pensa, inoltre, che il difficile controllo glicemico abbia un ruolo diretto anche sulla proliferazione e selezione batterica del cavo orale (gli zuccheri sono infatti una componente nutrizionale essenziale per i batteri della bocca). Gli sbalzi glicemici tipici del diabete, riflettendosi in livelli alterati del glucosio salivare (e prima ancora di un fluido gengivale detto crevicolare) potrebbero così favorire la crescita e la prevalenza di microrganismi più insidiosi o comunque differenti rispetto alla popolazione in generale.
"Analizzando la componente microbica sub-gengivale dei due campioni - spiega Montevecchi - abbiamo visto che, rispetto alla popolazione generale, i pazienti diabetici presentano un biofilm sottogengivale differente sia quantitativamente (nei diabetici è maggiore la concentrazione batterica) che qualitativamente. In particolare uno specifico batterio, chiamato 'Tannerella forsythia', è risultato chiaramente più abbondante nelle tasche parodontali dei diabetici. Quale sia l'effettivo significato clinico resta comunque da indagarsi" precisa Montevecchi.
Cionondimeno, il risultato di questa ricerca apre nuovi spunti interpretativi della malattia parodontale nel diabetico e in un futuro più o meno prossimo si potrebbe ipotizzare lo sviluppo di un approccio terapeutico più mirato per i diabetici (per esempio con antibiotici specifici o altre terapie con azione farmacologica) da associarsi alla cura convenzionale per la parodontite.
"I rapporti tra diabete e malattia parodontale - ricorda Nicola Marco Sforza, vicepresidente della Società Italiana di Parodontologia e Implantologia (SIdP) - sono stati dimostrati da molti studi clinici ed è ormai accertata l'esistenza di una correlazione diretta e biunivoca tra le due malattie, tanto è vero che trattare la parodontite consente di ottenere miglioramenti dei parametri di laboratorio e clinici sul diabete e viceversa.
Una parte della ricerca - aggiunge l'esperto - si sta attualmente concentrando, oltre che sugli aspetti patogenetici relativi ad un'alterata risposta immunitaria del paziente diabetico nei confronti della parodontite, anche sulle caratteristiche microbiologiche del biofilm parodontale, con l'identificazione di alcune specie batteriche "più aggressive" nel cavo orale e nelle tasche parodontali dei pazienti diabetici.
Lo studio clinico, non ancora pubblicato e pertanto non valutabile completamente, presenta certamente dati interessanti benché preliminari, che, come tali, devono essere confermati da ulteriori studi clinici e microbiologici condotti su una popolazione ampia di pazienti e possibilmente anche con l'impiego di tecniche di valutazione dei campioni microbiologici, diverse dal test genetico impiegato in questo lavoro; ciò per superare i limiti presenti in ogni test diagnostico - precisa Sforza. Rimane inoltre da indagare la rilevanza clinica della prevalenza di uno specifico batterio nell'ambito del biofilm parodontale, in termini di sviluppo di un auspicabile approccio terapeutico più mirato e specifico nei confronti del paziente diabetico affetto da parodontite".