Da Florence Nightingale, fondatrice dell'infermieristica moderna, a Anne Szarewski, che ha scoperto la causa del cancro al collo dell'utero e Françoise Barré-Sinoussi, che ha contribuito a identificare il virus Hiv: sono tantissime le donne pioniere nello sviluppo della scienza e della salute. Eppure continuano ad avere un ruolo marginale, tanto che solo un terzo dei ricercatori nel mondo è donna. A segnalarlo è l'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), in occasione della Festa internazionale delle donne.
Nel 2019, rileva l'Oms, le donne fanno ancora fatica ad emergere: rappresentano solo il 12% dei membri delle accademie scientifiche nazionali di tutto il mondo e, anche se costituiscono il 70% della forza lavoro sanitaria, solo il 25% occupa posizioni di leadership nella salute. Anche sul fronte delle retribuzioni la disparità tra i due sessi continua ad essere una costante: nel settore sanitario e sociale gli uomini guadagnano circa il 26% in più nei paesi ricchi, e il 29% in quelli a medio reddito.
Senza parlare poi delle discriminazioni, le molestie sessuali e le aggressioni che pongono sistematiche barriere alle carriere delle donne in sanità, anche per via dell'assenza di politiche a favore della maternità, che aumentino i congedi per paternità e rendano più flessibile l'orario di lavoro per le madri.
Tuttavia, rileva l'Oms, qualcosa sta cambiando e in meglio.
Nel 2018 circa il 40% dei nuovi membri della National Academy of Medicine erano donne, e nell'Oms stessa il 60% delle posizioni dirigenziali sono femminili. Il dato che emerge è che le barriere si possono rompere implementando politiche più flessibili sul lavoro, programmi contro la discriminazione e le molestie, e trasformando gli ambienti di lavoro e carriera, pensati in realtà per gli uomini.
Avere più leader femminili nel mondo della scienza e della salute, oltre ad essere un diritto e un principio di equità, conclude l'Oms, porta a benefici anche in ambito economico, perché permette di avere un'altra prospettiva.