(di Manuela Correra) Rendere efficace l'immunoterapia, che punta a risvegliare il sistema immunitario contro il tumore, anche in quel 50% di pazienti oncologici che oggi si dimostra invece 'resistente' a tale approccio. E' questa la nuova frontiera e la grande sfida per gli oncologi, e le premesse lasciano ben sperare: migliaia sono gli studi in corso e per vari di questi i risultati sono attesi a breve, tanto che l'obiettivo è riuscire a 'recuperare' entro due anni almeno il 20% dei malati che oggi non risponde a questo tipo di farmaci. A fare il punto, in occasione di un incontro a Roma, alcuni dei maggiori esperti italiani di immuno-oncologia.
Attualmente, in Italia vivono quasi 3,4 milioni di persone dopo la diagnosi di tumore e circa 2 milioni si sono lasciate la malattia alle spalle da più di 5 anni, ma l'obiettivo, affermano gli esperti, è rendere efficace "l'arma dell'immunoterapia sul più ampio numero possibile di malati". Un'arma che si è già dimostrata efficace per vari tipi di tumori, dal melanoma (il 53% dei pazienti è oggi vivo a 4 anni) al tumore del polmone non a piccole cellule al linfoma di Hodgkin.
Servono però studi sui meccanismi di resistenza di alcuni tumori all'immunoterapia e "la chiave per scoprirli si trova nel microambiente tumorale, cioè nell'ambiente in cui le cellule malate vivono - afferma Paolo Ascierto, direttore dell'Unità di Oncologia Melanoma, Immunoterapia Oncologica e Terapie Innovative dell'Istituto Nazionale Tumori Pascale di Napoli -. Il microambiente 'caldo', con presenza di infiammazione, risponde alle terapie immuno-oncologiche perché contiene cellule del sistema immunitario, quello 'freddo', senza infiammazione, invece sviluppa resistenza perché è privo di cellule immunitarie. Le strategie della ricerca mirano proprio a introdurre linfociti nel microambiente freddo perché aggrediscano il tumore. Come? Innanzitutto rendendo più efficaci le armi a disposizione attraverso la combinazione di terapie immuno-oncologiche. Vi sono poi anche farmaci che vengono 'iniettati' nel tumore per renderlo 'caldo'". L'idea alla base del loro funzionamento, chiarisce, "è che, in questo modo, possa essere modificato il microambiente tumorale". Va anche studiata la giusta sequenza di terapie, obiettivo dello studio Secombit coordinato dal Pascale: ha coinvolto 244 persone da 22 centri e si concluderà nel 2021.
L'immunoterapia rientra nell'oncologia di precisione: "Proprio con la medicina di precisione - afferma Ascierto - possiamo cronicizzare la malattia tumorale, proprio come accaduto per l'Aids". E in questa direzione la ricerca sta facendo grandi passi avanti: "Solo a Siena - afferma Michele Maio, direttore della Cattedra di Oncologia dell'Università di Siena e del Centro di Immuno-Oncologia dell'Azienda Ospedaliera Universitaria Senese - ci sono 40 sperimentazioni attive sull'immunoterapia, la maggioranza delle quali riguarda proprio i pazienti resistenti. Entro un anno avremo i primi dati. Puntiamo anche - spiega - a modificare il singolo tumore, che in vari casi ha particolari caratteristiche che gli permettono di non essere riconosciuto dal sistema immunitario".
La ricerca, insomma, "offre grandi opportunità ai pazienti - conclude Monica Forchetta, presidente APaIM (Associazione Pazienti Italia Melanoma) - e bisogna far capire loro che proprio entrando in una sperimentazione è possibile accedere a terapie innovative anni prima della loro commercializzazione".
- Immunoterapia già efficace contro 5 tipi di tumore
In Italia sono in corso oltre 80 sperimentazioni su 16 molecole
Sono già cinque i tipi di tumore per i quali l'immunoterapia - l'approccio terapeutico che mira a risvegliare il sistema immunitario contro il cancro - si è dimostrata efficace. Si tratta del melanoma, del tumore al polmone (nsclc), al rene, dei tumori del testa-collo e del linfoma di Hodgkin. Efficaci contro tali neoplasie si sono dimostrate le molecole immunoterapiche nivolumab e ipilimumab, sviluppate dall'azienda farmaceutica BMS, ma sono vari gli studi in corso per testare tale approccio anche per altri tipi di tumore e risultati promettenti si stanno ottenendo anche utilizzando diverse molecole immunoterapiche in combinazione.
"Abbiamo introdotto la prima molecola immuno-oncologica, ipilimumab, nel melanoma nel 2013 in Italia e, oggi, nivolumab in monoterapia o in combinazione con ipilimumab è utilizzato in numerose indicazioni comportando un beneficio significativo in sopravvivenza per i pazienti - afferma Emma Charles, General Manager Bristol-Myers Squibb Italia -. Oggi continuiamo a essere pionieri negli studi sulle nuove combinazioni di terapie e nella medicina di precisione, con l'obiettivo di migliorare la qualità di vita dei pazienti. In Italia sono in corso oltre 80 sperimentazioni su 16 molecole sviluppate dall'azienda in oncologia. Investiamo il 25% dei ricavi in ricerca, proprio per sviluppare terapie sempre più efficaci".
Fondamentale è ora studiare i meccanismi di resistenza dell'immuno-oncologia e "per questo abbiamo da poco inaugurato il centro di ricerca traslazionale negli Stati Uniti (Cambridge, Massachusetts), per accelerare la capacità di identificare soluzioni di medicina di precisione per ogni paziente, integrando discipline che comprendono genomica, imaging, bioinformatica - spiega inoltre Cosimo Paga, Executive Country Medical Director, Bristol-Myers Squibb Italia -. Ma la capacità di innovazione deriva anche dalla continua e proficua collaborazione con il mondo accademico. In questo senso, vanno ricordati il progetto GECI, che sigla la partnership fra BMS e circa 30 strutture di ricerca internazionale, e gli 'R&D Days', appuntamento annuale che riunisce i più importanti scienziati da tutto il mondo per fare il punto sulle ultime strategie nella lotta al cancro".