"Ho iniziato a fumare regolarmente da quando avevo 15 anni per sentirmi 'grande', ed è stato attraverso uno screening che ho scoperto di avere un nodulo al polmone. Ma, in realtà, non avevo alcun sintomo che lo facesse presagire". Alberto ha oggi 68 anni e, se è vivo, deve dire 'grazie' al progetto di diagnosi precoce "Un respiro per la vita" del Campus Bio-Medico di Roma, che mira a individuare il prima possibile persone a rischio di sviluppare il tumore del polmone, neoplasia che, nel 2018, ha colpito 41.500 italiani (dati Aiom).
Alberto è cresciuto vedendo la nonna riparare e creare abiti. L'amore per i tessuti, la pelle e per tutto ciò che è 'trasformabile' è diventata la sua professione e anche quella dei suoi figli. Ma i suoi piani ha dovuto improvvisamente interromperli lo scorso anno. "Sapendo del mio vizio per fumo, un mio amico, nel 2011 mi aveva segnalato un progetto di screening del tumore al polmone al Campus Biomedico: avevo 60 anni e fino ai 57 avevo fumato in media un pacchetto di sigarette al giorno. Insomma, ero quello che si dice un 'soggetto rischio'. Quindi mi sono detto: quasi quasi mi controllo. Lo feci a scopo preventivo, ma ero molto tranquillo perché non avevo sintomi, e avevo anche smesso di fumare. Da allora, ogni anno, iniziai a sottopormi regolarmente a Tac del torace a basso dosaggio di radiazioni, ma in realtà lo facevo senza nessuno stress o paura. Nel 2018 i controlli annuali mostrarono un nodulo in evoluzione di 16 millimetri. Seguì a distanza di pochissimi giorni una Pet-tac, quindi una biopsia, che confermò la presenza di un adenocarcinoma squamoso. Dopo un paio di settimane l'operazione chirurgica, con l'asportazione di un lobo del polmone di circa 21 centimetri". Grazie a moderne tecniche di intervento poco invasive, Alberto venne dimesso dopo solo due giorni. E, avendo tolto il nodulo prima della diffusione di metastasi, non dovette fare chemioterapia. Ma la paura fu tanta. "Precedentemente - ricorda - avevo avuto anche un tumore alla prostata e lo avevo superato con molta tranquillità. Ma qui la botta è stata grossa. Quando hai una sentenza di questo tipo ti cambia la vita, abbandoni i progetti che hai, perché sai che è un tumore killer, uno per i quali si muore di più al mondo. Anche quando lo superi, inizi a vivere con una spada di Damocle sulla testa, per la paura di una recidiva".
Il tumore del polmone è il terzo più diffuso nel nostro Paese e resta il più letale. Tuttavia, in Italia, diversamente da quanto accade per il cancro al collo dell'utero, al colon retto e alla mammella, non esistono programmi di screening a carico del Servizio Sanitario Nazionale. Solo pochissimi centri oncologici altamente specializzati hanno lanciato progetti che focalizzano l'attenzione su chi è stato esposto al fumo di sigarette: 8 tumori polmonari su 10, infatti, sono determinati dal fumo, incluso quello passivo. "Oggi però - spiega Pierfilippo Crucitti, direttore dell'Unità Operativa Complessa di Chirurgia Toracica presso il Campus e promotore del progetto - quasi l'80% dei tumori al polmone viene diagnosticato in fase avanzata, anche perché è del tutto asintomatico. E questo pregiudica la prognosi: se normalmente la possibilità di sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi non supera il 15%, per chi riesce a scoprirlo precocemente può arrivare anche all'80%. Inoltre, intervenendo in modo precoce, in molti casi basta asportate chirurgicamente il nodulo, senza radio e chemioterapia. E questo rende le cure meno pesanti per il paziente e meno onerose per la sanità pubblica, rispetto a quelle per un tumore in stato avanzato". Il progetto 'Un respiro per la vita', finanziato con donazioni di private e totalmente gratuito per i partecipanti, offre la completa presa in carico del paziente, dalla diagnosi al successivo follow-up, ed è rivolto a persone tra 55 e 80 anni, fumatori o ex-fumatori assidui. "Finora - sottolinea Crucitti - sono state oltre 4.500 le persone controllate e, nel 2% dei casi, è risultato che avevano un tumore pur senza saperlo. Questo significa che circa 2 persone ad alto rischio su 100 sono malate e non lo sanno. L'obiettivo, ora, è riuscire a fare lo screening analizzando l'aria espirata, grazie a una sorta di naso elettronico. Nell'aria che passa attraverso i polmoni rimane infatti una sorta di impronta delle cellule tumorali che può essere utilizzata per ottenere la risposta sullo stato di salute". Il dispositivo, brevettato dal Campus, è ora in sperimentazione.
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