Come il raggio traente di Star Trek, un laser è riuscito ad attrarre fra loro delle cellule artificiali, ossia cellule costruite in laboratorio, facendole assemblare in strutture che non esistono in natura e che potrebbero portare a nuove generazioni di bio-materiali dai quali ottenere una nuova generazione di sensori o dispositivi per rilasciare farmaci direttamente all'interno dell'organismo umano. Pubblicata sulla rivista Nature Communications, la ricerca ha come primo autore l'italiano Guido Bolognesi, dell'università britannica di Loughborough, ed è coordinata da Yuval Elani, dell'Imperial College di Londra.
"Questo risultato è una prova di principio", ha detto all'ANSA Bolognesi, in Gran Bretagna da sei anni e mezzo dopo aver studiato Ingegneria meccanica nell'Università Sapienza di Roma. "In futuro potremmo pensare ad applicazioni su larga scala, per esempio - ha aggiunto - potremmo immaginare di avere un sistema che rappresenta un tessuto artificiale e sviluppare in questo modo materiali che rispondono alla presenza di una tossina, quindi dei sensori, oppure materiali che possono essere integrati in sistemi biologici e per somministrare farmaci".
Viste dall'esterno, le cellule artificiali hanno le stesse caratteristiche esterna di una cellula naturale. Hanno infatti una membrana che, come quella naturale, permette alla cellula di scambiare materiale fra il suo interno e l'esterno attraverso minuscoli canali. Mentre le cellule esistenti in natura formano da sole questi collegamenti, quelle artificiale vengono aiutate con il laser, come fosse una pinza ottica, e spostate le une accanto alle altre.
Il prossimo passo, ha detto ancora Bolognesi, "sarà, a medio-lungo termine, estendere la tecnologia su scala più ampia: adesso lavoriamo su poche cellule, ma in futuro prevediamo di lavorare su un gran numero di cellule. La sfida sarà riuscire a mantenere la capacità di posizionarle con la grande arbitrarietà con cui riusciamo a farlo adesso".
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