Ottenere il primo ritratto dell'organismo sano, ricostruito sulla base dei messaggi biochimici che le cellule di ogni organo si scambiano fra loro: è questo l'obiettivo ambizioso del progetto al quale stanno lavorando oltre 1.500 ricercatori di 65 Paesi. Il progetto, da 200 milioni di dollari in otto anni, si chiama Human BioMolecular Atlas Program (HuBMAP) e promette di diventare il punto di riferimento per le future ricerche in biologia e medicina.
Coordinato dai National Institutes of Health (Nih) degli Stati Uniti, il programma comprende contributi di giganti della ricerca, come la britannica Wellcome Trust, il programma di europeo Horizon 2020, il Broad Institute e l'Università di Stanford.
Dopo l'Atlante delle cellule umane, il cui progetto è stato lanciato nel 2016 da 90 ricercatori, questa volta si punta a ricostruire l'ambiente biochimico nel quale ogni cellula è immersa. Quello che si intende fare è "stabilire uno standard di riferimento di che cosa costituisca un sistema sano", ha osservato una delle ricercatrici coinvolte nel progetto, la chimica Julia Laskin della Purdue University. In questo modo, ha proseguito l'esperta, i ricercatori potranno avere un riferimento per capire che cosa va storto quando c'è una malattia.
Finora i ricercatori hanno potuto avere una visione approssimativa del funzionamento degli organi, legata soprattutto all'attivazione o meno dei geni nei loro tessuti. La visione che ne risulta non è però esauriente poiché ogni organo è composto da molti tipi di cellule, ognuna con caratteristiche particolari. Nemmeno l'Atlante delle cellule lanciato nel 2016 promette un quadro completo in quanto manca comunque all'appello l'enorme quantità di segnali biochimici essenziali alle cellule per funzionare in modo corretto.
Soltanto queste informazioni molecolari aiuteranno a leggere in modo corretto e completo le mappe cellulari di organi fondamentali, come il cervello e i polmoni, e quelle di malattie come i tumori. Si punta in questo modo a stabilire degli standard, linguaggi condivisi dall'intera comunità scientifica al lavoro su una malattia o su un fenomeno fisiologico: "nei limiti del possibile, vorremmo essere in grado di confrontare mele con mele e arance con arance", ha detto Michael Snyder, dell'Università di Stanford.
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