La ricetta per la longevità è più complessa del previsto: la lista degli ingredienti genetici può infatti variare a seconda del sesso e dell'età. Lo dimostra un maxi studio condotto su oltre 3.000 topi geneticamente diversi fra loro. I risultati, utili per capire i meccanismi che regolano il fisiologico invecchiamento nei mammiferi (umani compresi), sono pubblicati sulla rivista Science da un gruppo internazionale guidato da Maroun Bou Sleiman del Politecnico federale di Losanna.
"L'invecchiamento è un processo multifattoriale con molti geni che interagiscono tra loro con piccoli effetti", commenta Giuseppe Novelli, genetista dell'Università di Roma Tor Vergata. "Gli autori dello studio hanno cercato proprio di identificare quali e quanti geni siano coinvolti in questo processo usando per la prima volta un grande numero di topi non consanguinei tra loro, in modo da valutare il diverso peso genetico".
Dalle analisi è emersa una decina di geni che influiscono sulla longevità, spesso con effetti diversi a seconda del sesso e dell'età. La loro azione è inoltre condizionata da fattori ambientali. "Questi geni sono infatti noti per essere indotti da fattori estrinseci come agenti chimici (farmaci o stress), agenti fisici (ad esempio le radiazioni) oppure da altri geni", precisa Novelli.
Molte delle regioni del Dna correlate alla longevità nei topi risultano esserlo anche negli esseri umani e nel verme C. elegans (uno dei modelli animali più usati nei laboratori di genetica), dunque si sono conservate nel corso dell'evoluzione. I ricercatori hanno riscontrato anche una certa sovrapposizione tra le regioni del Dna legate alla longevità e quelle correlate a peso corporeo e crescita: questo dato conferma che la durata della vita è il risultato di una complessa interazione tra più fattori. Un ruolo importante lo gioca anche la dieta: lo studio dimostra infatti che l'invecchiamento nei topi dipende anche da quello che hanno mangiato da piccoli, proprio come accade negli esseri umani.
Studiando l'espressione dei geni nel fegato, un organo essenziale per la salute, i ricercatori hanno inoltre scoperto che "nelle femmine i geni dell'interferone (responsabili dell'immunità innata) sono più attivi e potrebbero dunque spiegare perché vivono più a lungo dei maschi. Questi dati - prosegue Novelli - riprendono e confermano la nostra recente scoperta del ruolo dei geni dell'interferone nel determinare la maggiore gravità dei malati di Covid maschi".
In futuro serviranno nuovi studi per stabilire se gli 'ingredienti genetici' della longevità scoperti nei topi valgono anche per gli esseri umani. "Bisogna soprattutto tenere presente che nella nostra specie - conclude Novelli - all'invecchiamento concorrono anche fattori socioculturali che influenzano e modulano non poco il nostro genoma".
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