Dai Pirenei all'Ungheria, da Francoforte alla Corsica: si estende per più di 200 km la rete di 600 sismografi che è in ascolto della "voce" delle Alpi, per riuscire a stimare meglio il rischio di terremoti in queste regioni. Il progetto AlpArray, descritto sulla rivista Surveys in Geophysics, comprende 36 istituzioni di 11 Paesi ed è coordinato da György Hetényi dell'Università di Losanna, Edi Kissling e Irene Molinari del Politecnico di Zurigo (Eth) e da John Clinton del Servizio Sismologico Svizzero.
"Le stazioni sono estremamente sensibili, - spiega Hetényi - possono rilevare un leggero terremoto che avviene in Giappone, così come le migliaia di eventi sismici che si registrano ogni anno nell'area delle Alpi e che non vengono neanche avvertiti dalla popolazione".
I sensori di AlpArray sono sotterrati nei campi, nascosti nei fienili e anche posizionati sul fondo del Mediterraneo: la stazione più alta si trova a 3.005 metri di altitudine, mentre quella più bassa è a 2.771 metri di profondità sotto il livello del mare. Sono disposte a formare una rete di forma esagonale, "in modo che nessun'area si trovi a più di 30 km da un sensore", aggiunge Hetényi.
Lo scopo del progetto, oltre alla catalogazione dei terremoti, è anche quello di comprendere meglio la struttura e la composizione dello strato più esterno della Terra, la litosfera, formata da crosta terrestre e una parte del mantello fino a una profondità di 660 km: a questi livelli è possibile trovare tracce degli antichi fondali oceanici risalenti a decine di milioni di anni fa. La rete di sismografi è operativa da luglio 2017 e i primi risultati dovrebbero arrivare nel 2019.
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