Le cozze del Mediterraneo nascondono nel Dna delle armi segrete per resistere ai cambiamenti climatici: sono delle varianti genetiche che permetterebbero ai molluschi di resistere all'acidificazione dei mari, dovuta all'assorbimento dell'anidride carbonica immessa in atmosfera dalle attività umane. A rivelarlo è uno studio pubblicato sulla rivista Nature Communications dall'Università di Chicago con il Laboratorio di oceanografia di Villafranca Marittima in Francia.
Proprio nelle acque della Costa Azzurra i ricercatori hanno pescato diversi esemplari di mitilo mediterraneo (Mytilus galloprovincialis), che hanno poi incrociato per ottenere un milione di larve dotate di un'importante variabilità genetica. Un gruppo è stato quindi allevato in acque normali con un pH pari a 8.1, mentre un secondo gruppo è stato messo in acque più acide con un pH pari a 7.4. Questo valore è più basso rispetto a quello attualmente presente in natura ed è perfino al di sotto dei valori medi di acidità previsti per i prossimi 100 anni, ma i biologi sottolineano comunque che potrebbe essere raggiunto in alcune località costiere prima della fine del secolo.
I risultati ottenuti dopo qualche settimana dimostrano che i molluschi allevati in acque più acide sviluppano gusci più piccoli, ma hanno comunque un tasso di sopravvivenza pari a quello delle cozze cresciute in acque normali: il loro Dna è diverso, frutto delle condizioni ambientali estreme che determinano una selezione delle varianti genetiche capaci di aumentare la resistenza all'acidificazione. Questa buona notizia non significa però che le cozze siano del tutto immuni ai cambiamenti climatici: oltre all'acidificazione delle acque, infatti, potrebbero trovarsi a fronteggiare anche variazioni della salinità e della temperatura.
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