ROMA - Spicca il ruolo dell'Italia per le esportazioni dei prodotti agroalimentari verso la Federazione Russa: nel 2018 si posiziona al settimo posto tra i fornitori mondiali con un fatturato di 945 milioni di euro. Lo mette in evidenza l'analisi dell'Ismea, che quantifica l'impatto delle vendite del food made in Italy in questo mercato alla luce dell'embargo, misurandone anche il livello di competitività. Nell'ambito dei paesi Ue, grazie all'aumento delle esportazioni in Russia di prodotti non oggetto di embargo, l'Italia ha rafforzato la propria posizione su questo mercato, passando dalla quinta posizione del 2013, al secondo posto tra i fornitori comunitari dietro alla Germania.
La perdita di fatturato dei prodotti interessati dall'embargo (frutta, carni e latte e derivati), è stata quindi parzialmente compensata dalla crescita di altri comparti. Più nel dettaglio, i prodotti più tipicamente made in Italy che hanno continuato a registrare una performance positiva sul mercato russo dopo il 2014, sono i vini confezionati con 161 milioni di euro nel 2018 pari al 17% delle importazioni agroalimentari italiane dalla Russia; l'olio vergine di oliva con 22 milioni di euro pari al 2,4% dell'import totale; pomodori passate e concentrati con 11 milioni di euro pari all'1,2% del totale; e pomodori polpe e pelati con 9 milioni di euro l'1% del totale. In controtendenza, secondo l'analisi Ismea, risultano i vini spumanti con una flessione del fatturato sul mercato russo tra il 2018 e il 2013, causati dal calo dei valori e dall'aumento dei volumi importati, come anche il Vermut e altri vini aromatizzati, prodotti che hanno subito perdite sia dei prezzi che delle quantità.
In termini di posizione competitiva sul mercato russo tra il 2013 e il 2018 l'Italia, secondo Ismea, ha guadagnato il primo posto per le vendite di vino confezionato (secondo nel 2013) ed è passata dal quarto al terzo posto nei prodotti della panetteria e pasticceria. Confermata, invece, la leadership per i vini spumanti, vermut, paste alimentari, pomodori pelati e polpe, cioccolato e caffè torrefatto. Per tutti gli altri prodotti il ruolo dell'Italia è di grande rilievo, rientrando sempre tra i primi cinque fornitori.
Con embargo russo persi 217 mln di export
E' di 217 milioni la perdita economica per le esportazioni agroalimentari italiane per effetto dalle sanzioni emanate dall'Unione europea nei confronti della Federazione Russa. I cali più evidenti si registrano per frutta fresca, carni, latte e derivati, rispettivamente con perdite di 112 milioni, 57 milioni e 48 milioni di euro rispetto al periodo pre-embargo. È quanto emerge dalle analisi dell'Ismea sulla bilancia commerciale di prodotti agroalimentari della Federazione Russa.
L'import russo di prodotti agroalimentari italiani, che nel 2013 era in crescita del 124% rispetto al 2009, segnala l'Ismea, ha subito una forte battuta di arresto azzerando l'export per alcuni settori chiave come frutta fresca, carni, latte e derivati, penalizzando fortemente prodotti come uva, mele, kiwi, pesche, formaggi freschi e stagionati, carni bovine.
Si tratta di prodotti spesso legati ad aree circoscritte come Trentino Alto Adige, Emilia Romagna, Puglia e Lazio, per le quali il danno economico è ancora più rilevante. Nonostante il perdurare dell'embargo, nel 2018 l'export agroalimentare italiano ha saputo parzialmente compensare le perdite subite grazie alla crescita di altri comparti del Made in Italy, come paste, pomodori pelati e polpe, tabacchi e olio. Con un fatturato di 945 milioni di euro di export, l'Italia figura al settimo posto dei principali Paesi fornitori della Federazione Russa e si è posizionata al secondo posto, dietro la Germania, tra i fornitori comunitari. Detiene comunque il primato per le vendite di vino confezionato, era seconda nel 2013 e il terzo posto per i prodotti della panetteria e pasticceria.