L’Unione Europe spinge sull’acquacoltura e l’Italia risponde con i suoi 800 impianti che producono 140 mila tonnellate l’anno di prodotti freschi, che contribuiscono a circa il 40% della produzione ittica nazionale e al 30% circa della domanda di prodotti ittici freschi. Un settore, ricorda Unioncamere in occasione del Piano presentato con la Direzione generale della Dg pesca del Ministero delle Politiche agricole, dove l’Italia è all’avanguardia in Europa per l’eccellente qualità delle produzioni, che negli ultimi 10 anni però non ha espresso quelle potenzialità di crescita e innovazione attese. Basti pensare che l’80% di pesce sul mercato nazionale, tra catture e allevamento, è importato.
L’Italia, come la Spagna e la Francia, concentra la sua produzione soprattutto sulla molluschicoltura: è il principale paese produttore dell’Ue 27 di vongole veraci della specie Ruditapes philippinarum, con il 94,2% in volume e il 91,6% in valore. Copre, inoltre, i due terzi della produzione acquicola comunitaria per quanto riguarda i mitili e rappresenta il 45% della produzione di storioni e il 20% di trota iridea.
L’acquacoltura tricolore comprende l’allevamento di 30 specie di pesci, molluschi e crostacei, ma effettivamente il 97% della produzione nazionale si basa su 5 specie: la trota (acque dolci), la spigola e l’orata (acque marine) e tra i molluschi, i mitili e le vongole veraci. Quanto agli impianti sono calati del 12% negli ultimi 5 anni, in parte per la riorganizzazioni delle imprese (soprattutto nella molluschicoltura) e in parte dalla chiusura momentanea o definitiva per inattività degli impianti di maricoltura per l’allevamento di pesci marini L’Emilia Romagna e il Veneto rappresentano circa il 50% della produzione nazionale, seguite dal Veneto (17%), Friuli Venezia Giulia (13%), Puglia (9%) e Lombardia (4%).
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