Tra il 1945 e il 1948, e oltre,
l'Italia fu la 'Porta di Sion': dalle sue coste partirono verso
la Palestina, allora sotto Mandato britannico, migliaia di ebrei
sopravvissuti alla Shoah. A loro gli italiani, appena usciti dal
Fascismo e dall'occupazione nazista, offrirono aiuto e
collaborazione con l'obbligo morale di riscattare l'orgoglio
nazionale macchiato dalle Leggi Razziali del 1938. Ora una
mostra, appena aperta al Museo di 'Eretz Israel' di Tel Aviv,
dal titolo 'In risposta ad un capitano italiano', ripercorre
quegli anni che segnarono l'epopea della 'Aliya Bet', la seconda
'salita' verso la Terra Promessa.
Curata da Rachel Bonfil con l'aiuto della ricercatrice
Fiammetta Martegani, la rassegna è uno spaccato dell'epopea
messa in atto per portare in maniera clandestina sull'altra
sponda del Mediterraneo quanti nell'Europa erano stati
discriminati, traditi e infine uccisi dalla Germania nazista e
dai suoi alleati.
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