CASTELLI (TERAMO) - Quattro secoli di tradizione nell'arte della ceramica, famosa in tutto il mondo, per sconfiggere la paura e la crisi causata dai terremoti del centro Italia e dalla nevicata di gennaio scorso. Il Comune di Castelli, nella provincia di Teramo alle pendici del Gran Sasso, messo in ginocchio dalle recenti calamità e dal conseguente rischio di spopolamento, punta su questo comparto per rilanciare un paese dove risiedono circa 1200 persone e che vive di produzione di ceramiche. Con l'obiettivo di fare del comparto un nuovo collante della comunità e, soprattutto, un attrattore per i giovani, nasce la mostra d'arte intitolata, non a caso, "La tradizione del futuro".
L'evento verrà ospitato da domenica 30 luglio a domenica 3 settembre nei locali del Liceo Artistico "F. Grue". La mostra è caratterizzata da 250 opere di 80 autori. Nel giorno di apertura, domenica 30 luglio alle 17, a incontrare la stampa saranno il sindaco di Castelli, Rinaldo Seca, l'ideatore dell'evento, Domenico Verdone, il curatore, Carlo Fabrizio Carli, e la dirigente d'istituto, Eleonora Magno. Di seguito verrà inaugurato lo spazio espositivo, articolato in cinque ambienti differenti che rappresentano ciascuno una diversa epoca della Scuola. Le opere verranno raccolte in un catalogo che verrà venduto e i cui proventi finanzieranno delle borse di studio per l'istituto che oggi conta un'ottantina di iscritti.
"Da secoli questo borgo vive di produzione e vendita di ceramiche, ora abbiamo la necessità di tenere legata una comunità giovane che, altrimenti, non avrebbe più motivi per vivere qui" sottolinea il primo cittadino, particolarmente sensibile al tema dei giovani, non avendo ancora compiuto trent'anni. "Dobbiamo creare reddito dalla tradizione d'arte e trasmettere le conoscenze dell'artigianato perché il nostro torniante più giovane oggi ha cinquant'anni". L'ideatore Verdone ricorda come la ceramica di Castelli abbia avuto "dalla metà del Cinquecento e per i successivi due secoli e mezzo l'apice della tradizione legata alla qualità del prodotto, con lavori che oggi sono al Louvre come al British Museum". Nel secondo dopoguerra si era abbassata la qualità barattando ceramiche con prodotti alimentari. "Da lì si è ripartiti inventando il Villaggio artigiano, la Bottega pilota e da 3 fabbriche siamo arrivati al massimo storico di 52 'fuochi' accesi e 210 addetti". La preside fa notare che l'istituto "si trova in un luogo geograficamente decentrato, ma è anche un luogo in cui è più facile entrare in contatto con soggetti e realtà non provinciali, e così è sempre stato".
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