(ANSA) - RIMINI, 28 APR - (di Roberto Anselmi) Un difetto di comunicazione tra la scuola e l'albergo. Un tema, quello del velo islamico, che come ha dimostrato l'acceso dibattito che si è aperto sui social network, accende e divide gli animi. E lo stage in un hotel di Cattolica (Rimini) di una diciassettenne di origine marocchina è diventato un caso nazionale, nuovo capitolo della 'guerra' sui simboli religiosi in un'Italia sempre più multietnica. Una storia, per una volta, finita bene con la promessa di un tirocinio appena possibile e un incontro per spiegare l'equivoco.
"Studentessa con il velo, stage negato", è il titolo dei quotidiani romagnoli che riprendono la notizia segnalata da Brahim Maarad, giovane giornalista nato in Marocco e che vive nel riminese. La ragazza, al quarto anno dell'istituto superiore del Turismo di Morciano, si sarebbe vista negare il periodo di stage alla reception di un albergo a quattro stelle perché il velo sarebbe stato contrario alle politiche aziendali per chi è a contatto con il pubblico. "Il nostro regolamento è chiaro - è la spiegazione della direzione dell'albergo apparsa sui quotidiani - la religione non c'entra nulla. Il nostro compito è fare accoglienza. Un cappuccino servito con un sorriso è più buono, con un velo il sorriso non si vede". Peccato che l'hijab che la ragazza indossa da quando aveva sei anni, il sorriso lo lascia vedere eccome: "Se mi avessero detto che si trattava praticamente di un foulard, di un velo in testa - ha detto il direttore oggi - non ci sarebbe stato nessun problema. Nell'hotel abbiamo persone di tanti paesi e di religioni diverse. Una ragazza con il velo lavora da noi ed è anche nel depliant sul sito. Noi chiediamo semplicemente professionalità".
Il direttore ha poi detto di aver chiesto alla scuola un incontro con la ragazza per parlare di un possibile futuro stage ("mi hanno detto che è molto motivata"), e anche con i genitori ("da padre non mi sarebbe piaciuto che a mia figlia fosse impedita una cosa che voleva fare"). Sarà contenta anche l'aspirante receptionist, che aveva espresso la sua "rabbia" per non essere stata giudicata in base alle sue competenze "ma per l'aspetto estetico, negandomi la possibilità di far lo stage in un albergo. Altri mi avrebbero accettato magari, ma era tardi. E da lunedì inizio lo stage in un Comune". A causare l'equivoco, un deficit di comunicazione tra scuola e albergo: "Ci siamo sentiti per telefono - ha detto il direttore - io sarò stato alla reception, davanti un cliente, la segretaria che mi chiedeva qualcosa. L'informazione giusta sul velo non è passata". Equivoco risolto, alla fine. E conseguenti reazioni dissolte. Come quella di Sandro Giorgetti, presidente regionale di Federalberghi che aveva ipotizzato che si trattasse di un "disguido", giudicando comunque "un errore quello di non aver fatto fare lo stage". E quella di Forza Nuova, che si era detta solidale con il direttore "finito nell'occhio del ciclone per aver negato lo stage". (ANSA).