Nel luglio del 1981 due giovani fidanzati di Locri (Reggio Calabria) furono sequestrati e rimasero nelle mani dell'Anonima sequestri per poco meno di 80 giorni: l'11 ottobre furono liberati a Santa Cristina d'Aspromonte, dopo il pagamento di un riscatto. Dopo aver concluso gli studi, Maria Antonietta Raschellà e Carlo Speziale si sono sposati e ora vivono e lavorano tra Bologna e Modena. A distanza di 39 anni, però, la loro richiesta di riconoscimento quali vittime di mafia, che potrebbe portare a un risarcimento, è ancora in sospeso.
"Da vent'anni abbiamo iniziato l'iter", dice alla Gazzetta del Sud Tommaso Raschellà, fratello di Maria Antonietta. La procedura non si è ancora conclusa perché "prefettura e ministero dell'Interno si rimpallano" la vicenda "per riconoscerli vittime di soggetti appartenenti alla criminalità organizzata". Nel 1981, prosegue, "ancora non c'era nel nostro codice penale il reato previsto dal 416 bis (associazione mafiosa, ndr). Ci sono molte sentenze della Corte di Cassazione che affermano come i sequestri di persona siano reati di mafia, nonostante ciò ancora oggi non c'è un parere definitivo. Credo che dopo tutti questi anni abbiamo diritto a ricevere, al più presto, una risposta da parte dello Stato".