Le più antiche prove di consumo
del vino, 3500 anni fa, sono emerse a Bondeno, nel ferrarese, in
uno scavo del Dipartimento dei Beni Culturali dell'Università
di Padova diretto dal prof. Massimo Vidale. I risultati sono
apparsi sull'ultimo numero del Journal of Archaeological
Science.
"Lo scavo è quello della Terramara di Pilastri (circa 1600-1300
a.C.), presso Bondeno , scavato dal nostro Dipartimento, in
collaborazione con la Soprintendenza dell'Emilia Romagna e il
Comune di Bondeno, dal 2016 - spiega Vidale -. Le analisi
gas-cromatografiche effettuate da Alessandra Pecci
dell'Università di Barcellona dimostrano che circa più di un
terzo dei frammenti di vasi di Pilastri sinora esaminati
contengono tracce dei bio-markers del vino, ossia acidi
tartarico, succinico e maleico, e che in alcuni casi il
contenuto aveva tracce di zolfo e di resina di pino. Lo zolfo
potrebbe essere stato aggiunto come anti-fermentativo della
bevanda, oppure essere stato usato per sterilizzare i
contenitori; la resina, per impermeabilizzare le parti interne
dei vasi. D'altra parte, allo stato attuale delle conoscenze -
aggiunge - non è possibile distinguere le tracce residue di
vino da quelle dell'aceto, che potrebbe essere stato usato come
bio-conservativo per pesce, carne e verdure al posto del sale,
molto più costoso perché doveva essere importato dalle zone
costiere, e serviva anche per l'allevamento animale. I vasi
usati per il vino sono tazze usate per bere, ma anche dei grandi
bacini con capacità di circa 40 litri, il che presuppone una
vinicoltura non episodica".
Queste nuove informazioni, assieme ad analoghe evidenze
ottenute dallo scavo del sito contemporaneo di Canale Anfora,
presso Aquileia, scavato da Elisabetta Borgna dell' Università
di Udi integrano il quadro delle ricerche paleobotaniche, le
quali per lo stesso periodo indicano un intensificato
sfruttamento della vite, anche se non è ancora chiaro lo status
pienamente domesticato o meno della pianta.
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