A quasi trent'anni dalla scia di sangue lasciata dalla banda della Uno Bianca, ai familiari delle 24 persone ammazzate e dei 114 feriti, non giungeranno le scuse di Fabio Savi, e questo "per rispetto di chi ho ucciso".
E' quanto scritto dallo stesso Savi in una lettera inviata dal carcere di Bollate a 'il Resto del Carlino' che il quotidiano pubblica oggi nel giorno in cui esce 'Vuoto a perdere', il libro autobiografico scritto dalla ex compagna Eva Mikula.
"Si chiede scusa se si pesta inavvertitamente un piede, ma con quale coraggio potrei chiedere scusa a chi ha perso una persona cara?" scrive Savi condannato all'ergastolo come i fratelli Alberto e Roberto, "In questi 27 anni - aggiunge nella missiva inviata al giornale bolognese - ho compiuto un lungo e difficile percorso rivedendo quotidianamente il mio passato e il dolore causato.
Ed è vero che non ho mai chiesto scusa - prosegue - ma con quale coraggio?". Nonostante sia "consapevole di quale beneficio porterebbe una lettera di scuse contenuta nel mio fascicolo - evidenzia - non riesco ad accettare che sentite scuse possano apparire puramente strumentali al fine di ottenere benefici".
Quindi, scandisce, per "profondo rispetto, non scriverò quella lettera fino a quando la stessa potrà apparire meramente strumentale". Da parte di "un uomo che si è macchiato di gravissimi delitti, ma che si è assunto le proprie responsabilità e senza ipocrisie sta cercando di espiare con dignità la propria pena". Parole da cui prende le distanze, Rosanna Zecchi, preidente dell'associazione dei familiari delle vittime della Uno Bianca. "Per me - attacca - Fabio Savi è un assassino, ha ucciso mio marito e 23 persone, io di lui non ne voglio sentire parlare. Non se ne può più, è uno stillicidio. Ci lasciassero un po' in pace. Ormai - argomenta - è ora di finirla, dopo 30 anni non so perchè lui scriva tutte queste lettere. Non mi interessa niente - conclude Zecchi - che scriva quello che vuole: mi fa solo dispiacere perchè mi fa rivivere quegli anni lì che erano anni tremendi".
E le riflessioni di Savi strappano un pensiero anche a Valter Giovannini, che da pubblico ministero condusse l'accusa nel processo sui delitti bolognesi della Banda della Uno Bianca. "Pentimento e perdono attengono alla sfera individuale dei carnefici e delle loro vittime - osserva -: sul piano oggettivo invece gli autori di tanti lutti e di tanto dolore, potrebbero spiegare, una volta per tutte, il perché delle loro ritrattazioni intervenute dopo avere ampiamente confessato tutti i loro crimini". (