Un 2020 che va in archivio come "il peggior anno dal dopoguerra" con un consuntivo "ancora provvisorio perché la causa che ne è all'origine, la pandemia e le conseguenti misure di protezione adottate nel tentativo di limitarne la portata, sono ancora in essere" ma che ha registrato nel quarto trimestre "conseguenze negative più contenute rispetto ai trimestri precedenti" tanto che l'esercizio 2020 si è chiuso con un calo della produzione al 10,4% rispetto all'anno precedente, quindi una recessione meno grave di quella subita nel 2009 quando la flessione fu del 14,1%. E' quanto emerge dall'indagine congiunturale relativa al quarto trimestre 2020 sull'industria manifatturiera, realizzata in collaborazione tra Unioncamere Emilia-Romagna, Confindustria Emilia-Romagna e Intesa Sanpaolo.
In base ai numeri raccolti, il fatturato complessivo si è ridotto del 4,8% grazie alla migliore tenuta di quello estero (-1,5%) mentre la produzione è arretrata del 5,8%. Tra i diversi comparti , l'industria alimentare ha fatto segnare un leggero passo indietro, anche se il più contenuto tra tutti i settori: il fatturato si è ridotto dello 0,9%. All'estremo opposto è stato il sistema moda a pagare lo scotto più pesante con il fatturato complessivo sceso del 16,5%.
Sul fronte finanziario, secondo l'analisi della Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo, in Emilia-Romagna i prestiti alle imprese hanno registrato una forte accelerazione nel secondo semestre 2020, chiudendo l'anno ai massimi, con un +6,7% anno su anno: in valore assoluto nell'arco dell'anno l'aumento dello stock di prestiti è stato pari a 4,7 miliardi.
Guardando al prossimo futuro, infine, l'indagine semestrale di Confindustria Emilia-Romagna evidenzia un sentiment positivo da parte delle imprese della regione: le "aspettative di crescita della produzione e degli ordini, migliori rispetto a sei mesi fa, danno il senso di una possibile ripresa significativa. Il 37% degli imprenditori prevede un aumento della produzione e il 35% una crescita degli ordini". (ANSA).