L'allestimento di Tristan und Isolde di Richard Wagner che ha inaugurato la stagione lirica del Teatro Comunale di Bologna, accolto da notevoli consensi da parte del pubblico, ben si inserisce nelle manifestazioni di Arte Fiera e Art City in programma in questi giorni in città. La realizzazione scenica di Alexander Polzin e del regista Ralf Pleger, infatti, è costituita da tre installazioni d'arte visiva, una per atto, che se da un lato possono apparire estranianti rispetto al visionario racconto wagneriano dall'altro lo arricchiscono di un fascino che ha il suo culmine nel groviglio-cespuglio del secondo atto, dove il duetto tra i due protagonisti amanti si fonde ai corpi che via via fuoriescono da quei rami pietrificati e si animano con le belle coreografie di Fernando Melo.
Il primo atto, più criptico, come sarà per il terzo, è dominato da enormi stalattiti (forse le vele dell'imbarcazione che tra trasporta Isolde verso re Marke?) che pian piano invadono la scena illuminandosi e creando un bell'effetto visivo, grazie anche al gioco di specchi che oltre a doppiare i personaggi riflette la splendida sala di Antonio Bibiena. La scena del terzo atto è dominata invece da una parete basculante trafitta da ipotetici pois che poi diventato cilindri splendenti e rotanti grazie all'efficace gioco di luci e ombre creato da John Torres. Uno spettacolo, insomma, assai bello da vedere ma altrettanto difficile da associare al testo wagneriano, tutto giocato su cose non dette e dunque oggetto di tante possibili letture.
Pleger, al suo debutto italiano, realizza una regia assimilabile a quelle più celebri di Bob Wilson: movimenti e gesti essenziali che mai inducono Tristano e Isotta a qualche effusione amorosa come, pure, il libretto suggerirebbe, solo mani che si sfiorano e occhi che non si guardano. Come i precedenti ultimi Tristan bolognesi, quello dell'83 firmato dalla coppia Pesko Ljubimov e quello del 96 della coppia Thielemann Berghaus, anche questo ha avuto la sezione musicale predominante su quella visiva. Facile, verrebbe da dire, se sul podio si ha la fortuna di avere un fuoriclasse come Juraj Valchua, il maestro slovacco che ha letteralmente messo le ali all'Orchestra del Comunale trascinandola nelle circa quattro ore di melodie scritte dal sommo compositore tedesco. Mai una sbavatura, ma tanta attenzione al canto, al palcoscenico intero, dove anche il Coro (preparato da Alberto Malazzi) ha ben figurato nelle sue pur brevi apparizioni.
Valchua è stato il vero trionfatore della serata accolto da una lunghissima e rumorosa ovazione (che il pubblico abbia già dimenticato l'amato Michele Mariotti?). Ottimo anche il cast capitanato dalla superba soprano danese Ann Petersen, Isolde appassionata e grande presenza scenica; così come il Tristan di Stefan Vinke capace di reggere senza cedimenti l'impervio terzo atto. Gli altri ruoli sono stati sostenuti assai bene da Albert Dohmen (Re Marke), Ekaterina Gubanova (Brangaene), Martin Gantner (Kurwenal), Tommaso Caramia e Klodjan Kacani. Al termine lunghe ovazioni per tutti. Si replica il 26, 28, 29 e 31 gennaio.