In Sicilia il Rinascimento rurale passa dalla canapa
Il 16 gennaio 2019 a Ragusa è iniziata la costruzione dello stabilimento più grande d'Italia per la produzione di olii essenziali e distillati di canapa industriale per usi farmaceutici e cosmetici con un impegno di circa 16 milioni di euro da parte di investitori canadesi. Canapar, così si chiama l'impresa, potrebbe far decollare un nuovo distretto agroindustriale che unisce Università, aziende agricole e start-up innovative in un'area, la Sicilia sud-orientale, dove già da qualche anno esiste una rete di persone e aziende che si stanno organizzando per sfruttare una pianta dalla grande versatilità. La filiera della canapa siciliana sarebbe un'applicazione concreta dei principi della bioeconomia: l'impiego di risorse biologiche e rinnovabili per produrre materiali, composti chimici, energia e molto altro, riducendo la dipendenza da fonti fossili e rivitalizzando le aree rurali e costiere.
Grani antichi e materiali del futuro
L'anno di svolta è il 2016, con la legge n.242 che promuove l'utilizzo della canapa per ridurre l'impatto ambientale dell'agricoltura e come occasione di integrazione di reddito per gli agricoltori. Tra i pionieri della canapicoltura siciliana ci sono i fratelli Giuseppe e Francesco Sammartino da Caltagirone. Nella loro azienda agricola specializzata in coltivazione di grano duro delle cosiddette varietà antiche, la canapa è impiegata rigorosamente in rotazione, insieme al frumento e leguminose. Rotazione e coltivazione di leguminose fanno bene al suolo e la canapa ha proprietà di bonifica dei terreni e di diserbante naturale. Anche per questo i fratelli Sammartino partecipano con il Consiglio nazionale per la ricerca in agricoltura (Crea) al progetto Diverimpacts per la diversificazione delle colture, finanziato dal programma Ue Horizon2020. Grazie allo storico Molino Crisafulli, che funziona dagli anni '50 nel cuore del Comune alle porte della Val di Noto, con la canapa i Sammartino fanno olio di semi (premiato nel 2018 come il migliore d'Italia) e utilizzano il panello proteico scarto della lavorazione dell'olio per fare farine, da integrare alla semola di grano duro da grani antichi. Hanno creato anche una birra, con fiori di canapa industriale al posto dei luppoli.
Già dalla prima trebbiatura, i fratelli Sammartino hanno cominciato ad accatastare le paglie cercando modi per valorizzarle. "Con l'arrivo degli investimenti esteri – ragiona il titolare dell'azienda Giuseppe Sammartino – aumenteranno le superfici coltivate. Nel 2016 in Sicilia eravamo a circa 10 ettari, nel 2019 si prospettano almeno 300-350 ettari". Le paglie ad oggi sono uno scarto, ma dopo una prima lavorazione possono essere utilizzate in bioedilizia e per biomateriali.
Una bioplastica è stata già realizzata in forma sperimentale, grazie a una stampante 3D e alla collaborazione con Kanèsis, start-up di Ragusa che ha inventato i 'filamenti' da scarti agricoli. "Aggiungiamo ai materiali plastici percentuali di scarti vegetali, come il canapulo della canapa, per sostituirli agli additivi sintetici comunemente utilizzati – spiega uno dei fondatori, Giovanni Milazzo – L'obiettivo è recuperare le eccedenze delle filiere agricole del territorio, diciamo nel raggio di 50 km, e di valorizzarle trasformandole in nuovi materiali sostenibili".
Per quanto riguarda l'uso in bioedilizia, la cooperativa Guglielmino di Misterbianco (Catania) ha sperimentato intonaci di canapulo e calce. L'azienda ha il recupero e il riciclo nel Dna. Fornace per cotto e laterizi dal 1870 al 2007, quando la crisi piega le gambe all'edilizia siciliana costringendo i Guglielmino a spegnere tutto, l'impresa rinasce grazie a intonaci che recuperano materiali naturali e di scarto, come il cocciopesto e la terra cruda, con cui hanno rivestito il padiglione del Marocco per Expo 2015.
"Nel 2015 – racconta Giuseppe Guglielmino – abbiamo partecipato per la prima volta in una fiera dedicata alla canapa dove abbiamo mostrato i risultati delle analisi sulle proprietà di isolamento acustico e termico del materiale. Da allora abbiamo cominciato ad avere contatti con la famiglia della canapa industriale in Sicilia, che sta rinascendo dopo 50-70 anni in cui avevamo dimenticato tutto".
Mettere insieme le forze per chiudere il ciclo della canapa risponde a esigenze ecologiche ed economiche "per tutte le aziende che come noi hanno sofferto la crisi – conclude Guglielmino – è un'opportunità per dare vita, grazie alla collaborazione con le Università, a materiali che abbiano anche un interesse tecnologico".
Bioeconomia e agricoltori
Esperienze come quella siciliana vengono tenute in gran conto dall'Ue, che sostiene apertamente i progetti di economia circolare e bioeconomia, con "la sua capacità di rigenerare l'ambiente e di portare nuove opportunità in aree rurali e costiere dove una nuova realtà industriale farebbe fatica a inserirsi". A spiegarlo è Fabio Fava, docente all'Università di Bologna e trait d'union tra l'Italia e l'Ue per i progetti di ricerca in bioeconomia e nel partenariato pubblico-privato per le 'biobased industries', nato con una dotazione di 3,7 miliardi di euro per finanziare progetti industriali. Uno dei più noti è Matrica, che realizza biomateriali prodotti a partire dal cardo a Porto Torres, in Sardegna.
L'impegno è dare sostegno alla piccola scala, oltre che ai grandi progetti. E coinvolgere di più la parte agricola, perché la bioeconomia sia davvero un'occasione di 'Rinascimento Rurale' come prevede il programma di ricerca Ue Horizon2020. Fava indica nel "trasferimento delle conoscenze agli agricoltori" un fattore chiave. Ma ci sono anche le conoscenze degli agricoltori-sperimentatori, come i fratelli Sammartino, da valorizzare. "Serve un maggiore coinvolgimento degli agricoltori – spiega Fava – devono essere sempre a bordo a livello nazionale, regionale e di Bruxelles, soprattutto nei consorzi che preparano i progetti di ricerca, e in questo momento spesso non ci sono".
Di recente su questi temi è cominciata anche una riflessione su come mobilitare risorse finanziarie attraverso la Politica agricola comune. In particolare, si guarda a garanzie per gli investimenti delle aziende agricole in bioeconomia, all'utilizzo di fondi dei programmi di sviluppo rurale e al sostegno di modelli di cooperazione e sviluppo locale guidati dalla comunità, che conteranno sempre di più una Pac che va verso decentramento e maggiore responsabilità per Stati membri e regioni.
Credits Testo - Angelo Di Mambro Foto e operatore interviste in Sicilia - Emiliano Morbioli Nelle interviste in Sicilia sono state utilizzate immagini realizzate da Vito Foderà Si ringrazia la Cia-Agricoltori Italiani per le indicazioni fornite per la realizzazione di questo reportage