BRUXELLES - Le elezioni di mid-term hanno trasformato Barack Obama in un'anatra zoppa dopo sei anni dall'elezione alla Casa Bianca. Lo scandalo LuxLeaks azzoppa Jean Claude Juncker dopo appena due settimane dall'insediamento al palazzo Berlaymont di Bruxelles. Le rivelazioni del consorzio di giornalismo investigativo Icij, basato a Washington, proiettano un cono d'ombra sull'esordio del nuovo presidente della Commissione europea al G20 di Brisbane. Che tra le priorità ha proprio la lotta ai paradisi fiscali. "Impresentabile Juncker", lo definisce nel numero di oggi 'L'Espresso', unica testata italiana ad aver partecipato al lavoro dell'Icij, affermando che "lo scandalo delle tasse ridicole pagate dalle multinazionali nel suo Lussemburgo potrebbe costargli la poltrona". Una ciambella di salvataggio gli arriva da Berlino.
"Jean Claude Juncker gode della mia piena fiducia", dice il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble. Che però aggiunge: il caso dell'elusione fiscale delle multinazionali "è molto irritante". Mercoledì scorso, dopo una settimana di silenzio, il lussemburghese è passato al contrattacco: ha annunciato di aver affidato tutte le indagini (per ora 4 i casi: Fiat e Amazon in Lussemburgo, Starbucks in Olanda e Apple in Irlanda) alla Commissaria per la concorrenza Vestager. Che ha già promesso tempi brevi. Poi Juncker ha messo il commissario Moscovici al lavoro per concludere il dossier sull'armonizzazione della base fiscale delle imprese (bloccato da anni in Consiglio dai veti dei governi) e per presentare una proposta di scambio automatico sui 'tax ruling', i legalissimi accordi fiscali alla base dello scandalo. Basterà per rendere credibile un caso 'Juncker vs Juncker'? "Non mi scuso per quello che ho fatto per il mio Paese", ha detto, sottintendendo di essere altrettanto capace ora che deve fare gli interessi della Ue.
Passato nel ruolo di presidente della Commissione, nel programma elettorale e di governo ha messo tra le priorità proprio la lotta all'elusione e all'evasione fiscale. In Parlamento ha detto che "gli eccessi di ingegneria fiscale" sono stati il risultato della mancata armonizzazione dei sistemi fiscali europei. E' grazie alle "intersezioni" di regole difformi tra i 28 che secondo Juncker i maghi della "ottimizzazione tributaria" hanno potuto creare gli schemi che hanno permesso alle multinazionali di non pagare le tasse mentre, a causa della crisi finanziaria e della conseguente recessione, cittadini comuni e Pmi hanno pagato il conto per tutti. "Non sono l'architetto del sistema", si è difeso il lussemburghese, dichiarando al Parlamento europeo che l'amministrazione fiscale del Paese da lui governato ininterrottamente dal 1995 al 2013 agiva indipendentemente. I resoconti dei suoi interventi al Parlamento nazionale dimostrano però che di quegli accordi e di quelle trattative era al corrente eccome.