BRUXELLES - Da cinquant'anni la Turchia bussa alla porta dell'Ue, che la tiene inesorabilmente ferma sulla soglia. Un motivo di storica ''frustrazione'' per i turchi. E di divisione in Europa, dove da decenni e' aperto il dibattito tra chi considera la paralizzante indecisione come una scelta miope e chi la giudica invece saggia lungimiranza. Appena una settimana fa Bruxelles aveva annunciato un piccolo passo avanti.
Ma mentre la guerriglia urbana insanguina le piazze di Ankara, Smirne e Istanbul, in Europa tornano i dubbi. Il pugno di ferro di Erdogan, la svolta islamista e la feroce reazione sarebbero scattate se la Turchia fosse gia' stata nella Ue? Il crollo del sistema bancario di Cipro sarebbe mai potuto avvenire se l'isola non fosse ancora divisa? Il portavoce della cancelliera Angela Merkel, ovvero della leader del paese in cui il 2,4% della popolazione e' di origine turca, oggi ha affermato di ''non vedere alcun collegamento diretto'' e dunque ''nessun effetto'' fra gli incidenti di piazza e la procedura di adesione.
Che da decenni e' bloccato anche sui diritti civili. Ma il primo ostacolo e' il nodo di Cipro, l'isola entrata a far parte dell'Ue ma di fatto divisa con la comunita' turco-cipriota, che blocca qualsiasi passo in avanti importante dei negoziati di adesione di Ankara. Il secondo, lo scetticismo diffuso nella destra, nella Lega e nel Ppe (il gruppo di maggioranza relativa al Parlamento europeo, quello che esprime 13 premier su 27) legato alla potenziale minaccia per le 'radici cristiane' europee. D'altra parte dopo la secolarizzazione imposta dal padre della patria, Kemal Ataturk, l'islam e' tornato chiaramente prioritario per il premier Recep Tayyip Erdogan.
Da qui le perplessita' di grandi Paesi Ue come Francia e Germania, in particolare dell'ex presidente Nicolas Sarkozy e - appunto - della Merkel. A favore di chi vorrebbe accelerare il processo europeo di inclusione, il fatto che oggi la Turchia e' diventata locomotiva dell'economia mondiale, con un ruolo strategico a livello geopolitico. Il 2013 avrebbe dovuto segnare quindi un nuovo rilancio delle relazioni fra Ankara e Bruxelles, dopo l'apertura del nuovo presidente francese, Francois Hollande. Tanto che la settimana scorsa la presidenza di turno dell'Ue ha annunciato la prossima apertura di un capitolo dei negoziati di adesione con Ankara entro fine giugno e il ministro degli Esteri turco, Ahmet Davutoglu, ha ribadito l'obiettivo di entrare a far parte dell'Unione europea, nonostante la sua crisi economica.
Un'apertura che pero' potrebbe non sopravvivere agli scontri di questi giorni. Catherine Ashton ha gia' manifestato ''forte preoccupazione'', condannando lo ''sproporzionato uso della violenza'' da parte della polizia. Una reazione che secondo il presidente dell'Europarlamento, Martin Schulz, ''non potra' che condurre all'allargamento delle proteste''. E alla chiusura della porta europea.