BRUXELLES - Il segretario nazionale del Psi ed ex eurodeputato Riccardo Nencini dovra' restituire al Parlamento Ue 455.903,04 euro di spese di viaggio e di assistenza di segreteria indebitamente accreditate al Parlamento Ue durante i cinque anni - dal 1994 al 1999 - passati a Strasburgo e Bruxelles. Lo ha deciso oggi il Tribunale della Corte di giustizia della Ue, rigettando la domanda di annullamento dell'addebito avanzata da Nencini. Nessuna delle quattro motivazione sostenute dall'ex eurodeputato - prescrizione, ragionevolezza dei termini, regolamentazione sulle spese ed indennita' degli eurodeputati e violazione del principio di proporzionalita' - e' stata considerata valida dai giudici comunitari.
Nel 2010, al termine di un'indagine dell'Olaf, l'Ufficio antifrode della Ue, in cui emergevano spese di segreteria ed assistenza fatturate a beneficiari non dichiarati e spese di viaggio non in regola con le norme del Parlamento Ue, Strasburgo chiedeva il recupero dei fondi incriminati, pari a poco meno di 456 mila euro. I giudici del Lussemburgo hanno confermato oggi la validita' di quella decisione, imponendo a Nencini anche il pagamento delle spese processuali di una delle due cause intentate.
NENCINI, SU FONDI EUROPEI HO LA COSCIENZA A POSTO - ''Ho la coscienza assolutamente serena perche' gli addebiti del Parlamento europeo si riferiscono a interpretazioni formali dei regolamenti e giungono al termine di un chiarimento che io stesso ho sollecitato 14 anni fa, nel luglio del 1999''. E' quanto afferma Riccardo Nencini, segretario del Psi, in merito a quanto riportato dalle agenzie sulla sentenza del Tribunale UE. ''Come ampiamente dimostrato in sede giudiziaria, non ho percepito illecitamente - prosegue Nencini - neppure un centesimo delle somme che mi vengono contestate.
In un caso si tratta di emolumenti incassati dai miei assistenti dell'epoca, tutti regolarmente contrattualizzati, e nell'altro di rimborsi di viaggio per gli spostamenti tra Roma e Bruxelles in base a un'interpretazione piuttosto ambigua che ha gia' dato adito a contestazioni analoghe per altri europarlamentari. Ricorrero' contro questa sentenza che ritengo non solo ingiusta, ma anche assurda perche' dietro la formalita' esiste un questione di sostanza, essendo stata acclarata in ogni sede, comprese due sentenze di Tribunali italiani e con l'accertamento della reale esistenza dei collaboratori in questione, la mia perfetta buona fede. Paradossalmente - conclude Nencini - il Parlamento Europeo si troverebbe a incassare denari che altri hanno, legittimamente, percepito e cosi' l'unico danneggiato alla fine sarei io''.