Scozia torna su grandi palcoscenici. Sogno è vincere a Wembley
Arriva la 'Tartan Army'. La Scozia, come dicono dalle parti di Glasgow, è "back on track", ossia è tornata sul binario giusto, che è quello delle grandi competizioni calcistiche, dalle quali era assente ormai dai Mondiali del 1998 - ospitati e vinti dalla Francia - e, a livello continentale, dagli Europei del 1996, quando sfidò fra le altre l'Inghilterra e Paul Gascoigne - proprio nel mitico stadio di Wembley - le inflisse un gol-capolavoro che gli amanti del calcio ancora ricordano e rivedere su internet, ma non solo: anche in dvd o nelle cicliche riproposizioni in tv.
La Scozia torna dopo anni di fischi, ma anche di clamorosi fiaschi e i suoi inconfondibili tifosi sperano che la pandemia allenti almeno un po' la morsa, dunque che sia possibile un parziale ritorno negli stadi. Sì, perché Glasgow, con lo stadio di Hampden Park, è una delle sedi di questo Europeo e per la Nazionale di casa sarebbe bello avere l'appoggio, anche in forma limitata, dei propri tifosi nelle sfide contro la Repubblica Ceca e i vicecampioni del mondo della Croazia degli innumerevoli.
Ma l'appuntamento al quale tutti pensano è quello del 18 giugno, quando la Scozia ritroverà la nemica di sempre, l'Inghilterra, e sarebbe bello ripetere a Wembley il 'colpo' del 1967, la prima sconfitta (2-3) di Bobby Moore e soci dopo avere vinto i Mondiali dell'anno prima nella finale contro la Germania Ovest; un'impresa mai dimenticata dai supporter in kilt e con le cornamuse fra le mani.
I quali sono i primi a scherzare su loro stessi e la propria Nazionale, visto che fra gli inni che intonano sempre c'è quel 'Don't Come Home Too Soon' mai passato di moda. Intanto, bisogna complimentarsi con il commissario tecnico Steve Clarke, che è riuscito dove tanti, anzi troppi, suoi predecessori avevano fallito, battendo ai rigori una Serbia in crisi d'identità e riportando gli scozzesi nell'Olimpo dei migliori: ossia fra le 24 finaliste dell'Europeo.
Lo ha fatto con una Nazionale che, a parte il jolly Robertson del Liverpool, non ha stelle, ma che non si dà mai per vinta, trasferendo sui campi di calcio lo spirito da braveheart di un popolo che non ha mai paura di lottare contro qualsiasi avversario.
La Scozia, di solito impostata con il modulo 3-4-2-1, è una squadra di mestieranti difficile da affrontare per chiunque, con attaccanti di una certa stazza e gente che non si tira indietro, come Dykes, australiano di Gold Coast naturalizzato scozzese, McTominay, McGinn (ha un fratello e un cugino anche loro calciatori professionisti), McGregor, O'Donnell e infine anche Christie.
Per loro conterà soprattutto esserci in questo Europeo disputato ai tempi della pandemia e ancora tutto da vivere, e l'esempio è quello dei rivali gallesi: se, nel 2016 in Francia, Bale, Ramsey e soci arrivarono fino alle semifinali, può farcela anche la 'Tartan Army'. Sognare, in campo, al pub o a casa, non è proibito viste le premesse.