"Se si vuole, assolutamente sì,
come capisco dalle cose che leggo, e mi sembra che si stia
andando in quella direzione. Mi auguro che venga fatto tutto
presto e bene, anche perché i fondi cominciano ad arrivare". E'
il parere di Franco La Torre - figlio dell'onorevole Pio che
intentò la confisca dei beni alla mafia e fu ucciso da Cosa
nostra - rispondendo alla domanda se si può vincere la battaglia
contro la mafia che vuole impossessarsi dei fondi del Pnrr.
La Torre è intervento a margine della presentazione del suo
libro "L'antimafia tradita. Riti e maschere di una rivoluzione
mancata" (Zolfo, pagg. 256, euro 17), nell' ambito del progetto
Pequod del Teatro Miela.
Secondo La Torre "la strumentazione c'è tutta, le banche dati
possono dialogare tra loro, i prefetti sono capaci e possono
favorire gli scambi tra le banche dati stesse. Si può fare tutto
e in tempi stretti". Al contrario, "il Codice degli appalti
sembra una norma concepita per non far capire come stanno le
cose, è un pessimo servizio".
Più scettici i giornalisti del settore: "Vere indagini sul
riciclaggio sono state pochissime in questi anni - dice Attilio
Bolzoni - Non dipende dai nostri apparati di polizia, che sono
di eccellenza, è il potere politico che vola basso. E poi, un
pezzo dello Stato ha il cuore nero". Infine, "lo Stato si muove
con la mafia emarginata; con la mafia dei grandi affari non si
muove". Per Enrico Bellavia, "la mafia ora è attratta dal flusso
di denaro pubblico. Non ha più bisogno nemmeno dei legami con i
luoghi d'origine, è più subdola e mimetica, specializzata
nell'impiego di denaro pubblico e nella finanziarizzazione del
circuito economico-finanziario apparentemente sano. Fa shopping,
entra nelle società con quote azionarie, fa riciclaggio".
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