"Il mio sogno era e resta quello di
fare il regista cinematografico, ma mi chiedo che ne sarà, del
cinema, dopo la pandemia. A settembre, finita l'estate,
scopriremo se la gente nei cinema ci va ancora". Lo ha detto il
filmmaker e reporter Pif, Pierfrancesco Diliberto, Premio
Hemingway 2022 categoria "Testimone del nostro tempo", che
riceverà il riconoscimento domani a Lignano Sabbiadoro, insieme
a Margaret Mazzantini, Elena Cattaneo e Mario Peliti. Pif ha
incontrato il pubblico oggi intervistato dallo scrittore
Alberto Garlini. "Ricevere un Premio nel segno di Ernest
Hemingway - ha commentato - mi porta a ripensare alla sua vita,
ai suoi spostamenti irrequieti da un capo all'altro del mondo.
Anch'io viaggio molto e spesso mi capita di pensare al
viaggiatore Hemingway da luoghi estremi, come la Groenlandia o
il Buthan". Dopo l'esordio sul set de "I 100 passi", di Marco
Tullio Giordana, la strada di Pif si è intrecciata spesso con il
tema della mafia. "Il rischio più grande è stato negarne la
pericolosità, averla consapevolmente sottovalutata. Alcuni
giornalisti mi hanno spiegato che in Germania era successa la
stessa cosa con il nazismo". Si è parlato anche del suo ultimo
film, "E noi come stronzi rimanemmo a guardare", presentato
l'autunno scorso alla Festa del Cinema di Roma. "Una storia
legata al tempo post pandemia - ha detto - a un futuro ipotetico
che ci ha praticamente raggiunti. Come per gli algoritmi, che
sono semplicemente il termometro delle nostre dipendenze. Non ce
ne accorgiamo, siamo assuefatti, e non è certo un crimine
ordinare una pizza attraverso una app. Ma d'altra parte adesso
potremmo dire che il ragionier Fantozzi è un buon partito,
avercene di quelle condizioni lavorative".
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