E' morto la notte scorsa Jim Lovelock. Aveva 103 anni ed era considerato un'icona della scienza del XX secolo.
Chimico e scienziato, membro della Royal Society, ha collaborato, tra l'altro, ai programmi spaziali della NASA che hanno portato la sonda Viking su Marte, ideando i rilevatori che avrebbero dovuto verificare la presenza di vita sul Pianeta rosso. Versatile, si era anche interessato a temi ambientali, e infatti è anche noto per aver messo a punto il metodo che ha permesso di individuare il buco dell'ozono, oltre che per aver proposto l'audace teoria di Gaia secondo la quale la Terra è una sorta di superorganismo.
Lovelock nel 1996 aveva ricevuto il Premio Nonino "a un Maestro del nostro Tempo " e dal 1997 era entrato a far parte della giuria dello stesso premio. A conferirgli il premio nel 1996 fu Ermanno Olmi, che sottolineò come lo scienziato inglese fosse il "fondatore della nuova disciplina, la geofisiologia", riprendendo il tema trattato nel suo libro più famoso, "Gaia.
Nuove idee sull'ecologia" (Ed. Bollati - Boringhieri), in cui Lovelock si rifaceva con il nome di Gaia all'immagine che domina la "Teogonia" di Esidio, il poema scritto tra l'ottavo e il settimo secolo a.C.. "Le idee di Lovelock sono quelle di un pensatore solitario e hanno contribuito a ridimensionare le più moderne tensioni scientifiche, sempre avendo presente che non si può violare impunemente l'armonia del mondo in cui viviamo", aveva motivato Olmi. L'ipotesi di Gaia è quanto mai suggestiva: secondo Lovelock, l'intero pianeta sarebbe una sorta di organismo vivente all'interno del quale i singoli elementi sono componenti attivi. Componenti che interagiscono per il mantenimento delle condizioni che consentono la vita come un unico organismo, appunto. Nel 2020 aveva pubblicato "Novacene - L'età dell'iperintelligenza, con Bryan Appleyard tradotto in Italia, come gli altri suoi libri, per Bollati Boringhieri.
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