E' quantificato in circa 100
milioni il Pil generato annualmente a Trieste da Wartsila
Italia, tra stabilimento, indotto, fornitori, visitatori e
somministrati. Una cifra che verrebbe a mancare nel caso lo
stabilimento chiudesse, "impoverendo decisamente il territorio".
E' quanto emerge da uno studio presentato oggi da Cgil, Fiom e
Fisac.
"Nella realtà l'ammanco potrebbe raggiungere anche cifre più
alte, dal momento che in caso di chiusura, i fornitori
potrebbero misurare perdite di fatturato per 30-40 mln", ha
precisato Andrea Dean di Fisac. A ciò si aggiunge l'impatto
sulle casse di Comuni e Regione, relativamente alle imposte.
"In generale - ha aggiunto Dean - l'andamento economico di
Wartsila Italia non dà adito a preoccupazioni
economico-finanziarie, è una società solida, che ha chiuso in
utile anche in periodo pandemico, ed è usata quasi come una
banca. Gli utili vengono riconosciuti alla capogruppo sotto
forma di dividendi annui. Si evidenziano inoltre crediti di
natura finanziaria verso la Corporation per oltre 116 mln".
Sono dati, secondo il segretario generale della Cgil Trieste,
Michele Piga, che riflettono l'impatto che ha la manifattura su
città e regione: "è a rischio un pezzo di economia del nostro
territorio". "A livello strategico - ha insistito Marco Relli
segretario territoriale della Fiom - non ha senso chiudere il
sito triestino" anche viste le collaborazioni con gli enti di
ricerca.
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