"Nella nostra città c'è una lunga tradizione e un ecosistema favorevole allo sviluppo delle imprese a impatto sociale. Facendo massa critica possiamo candidare Torino come posto migliore al mondo in cui fare impresa a impatto sociale". A dirlo il presidente della Camera di Commercio, Vincenzo Ilotte, intervenuto a Impact-Ability, l'iniziativa organizzata da Reale Mutua e Torino Social Impact, in collaborazione con Il Sole24Ore, Lavazza e Dynamo Academy, nell'ambito di Italian Tech Week. Obiettivo dell'evento definire, a partire dagli interventi dei relatori, un manifesto della sostenibilità per Torino. Per Ilotte "quello che serve è un mercato e se riusciamo ad aiutare queste imprese ad averlo la macchina si mette in moto e si sviluppa questo settore molto promettente". "Qui - sottolinea la sindaca Chiara Appendino - c'è un ecosistema fertile di cui essere orgogliosi. Quando si parla di innovazione, non si può non parlare di impatto sociale e nostro compito è costruire sia l'infrastruttura fisica che immateriale. Torino ha le potenzialità per dimostrare qual è la strada da percorrere". "L'impatto sociale oggi è al centro del palco, non lo era mai stato, e fra i motivi ci sono le sfide sociali emergenti e il cambiamento valoriale", sottolinea, nel suo intervento su 'L'imperativo dell'impatto' all'incontro Impact-Ability, il professor Mario Calderini, secondo cui oggi si va verso una distinzione sempre meno netta fra profit e no profit. "Stiamo assistendo - dice - a una trasformazione profonda sia del terzo settore, che si sta strutturando e diventando più manageriale e capace di stare sul mercato e di usare tecnologie e conoscenze, sia del profit, che sta cambiando il suo modo di fare responsabilità sociale, diventando un modello d'impresa in cui strategia sociale e core business non sono più scindibili". Per Calderini si tratta di "due trasformazioni convergenti e presto credo sarà difficile distinguere profit e no profit. La cosa importante è che questo 'ibrido' si porti dietro il Dna e i valori positivi del terzo settore". Per fare vera imprenditoria sociale, evidenzia, "dobbiamo andare verso una situazione in cui il punto non è più il bilancio sociale o qualcosa che sta nel bilancio consuntivo, ma l'impatto sociale va ricercato nel piano industriale, deve essere una cosa intenzionale che l'impresa ex ante incorpora nella sua condotta".
In collaborazione con:
Lavazza