La scena in cui papa Francesco, il 27 aprile dello scorso anno, al termine della canonizzazione in Piazza San Pietro dei nuovi santi Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, faceva salire il sindaco Ignazio Marino sulla "papamobile" per ringraziarlo dell'organizzazione dell'evento, scambiando con lui una cordialissima stretta di mano, appare oggi come uno sbiadito ricordo del passato. Allora il Pontefice ringraziò pubblicamente il sindaco anche dopo la messa, durante il Regina Caeli. Ma erano decisamente altri tempi. Erano i tempi in cui papa Bergoglio, da vero "vescovo di Roma", puntava lui stesso a manifestare davanti a tutti uno spirito di collaborazione e di amicizia con il primo cittadino della Capitale, quindi della sua diocesi. Non c'era occasione pubblica, così, in cui i due non si scambiassero calorosi abbracci e fraterne strette di mano, mentre sottotraccia andava a gonfie vele il rapporto personale tra il sindaco e il Pontefice, come pure la volontà di collaborazione tra il cattolico Marino e le strutture vaticane.
Ma è un rapporto che si è andato poi deteriorando, e non da ora, subendo infine un vero e proprio tracollo. Come si è visto palesemente con la figuraccia planetaria fatta fare in tutta consapevolezza dal Pontefice, nella conferenza stampa in volo dagli Stati Uniti, al sindaco Marino "imbucato" a Filadelfia. Il momento di svolta verso il basso è stata, all'incirca un anno fa, la decisione del primo cittadino di registrare i matrimoni gay contratti all'estero, una scelta che Oltretevere ha provocato non poche contrarietà. In primo luogo dello stesso Papa. Che così ha cominciato a mal digerire anche i ripetuti tentativi di Marino di mantenere positivi contatti con lui, quasi che gli attestati di amicizia del Papa potessero costituire una sorta di silenzioso avallo della politica capitolina e allo stesso tempo un parafulmine contro le polemiche, in piena bufera per lo scandalo di Mafia Capitale.
Le parole pronunciate dal Papa con eloquente fermezza durante il volo da Filadelfia ("Io non ho invitato il sindaco Marino. Chiaro? Io non l'ho fatto. Ho chiesto agli organizzatori, e neppure loro l'hanno invitato. Lui è venuto, lui si professa cattolico, è venuto spontaneamente. E' stato così") non sono, insomma, il primo segno di tensione di Francesco nei confronti del primo cittadino. L'agenzia francofona I.Media ha riferito di un episodio, appreso da fonti vaticane, risalente a quando papa Bergoglio aveva manifestato la sua irritazione contro il sindaco nel corso di una riunione a porte chiuse del Sinodo dei vescovi sulla famiglia del 18 ottobre dello scorso anno.
Dopo una vivace discussione sul testo della Relatio Synodi, il Papa raccontò che il suo segretario il giorno prima, mentre lui era riunito col Sinodo, aveva ricevuto una telefonata del sindaco di Roma che voleva parlare con lui per annunciargli che avrebbe riconosciuto i matrimoni gay contratti all'estero. Quel giorno Marino aveva infatti registrato 16 matrimoni tra uomini e donne omosessuali siglati in altri Paesi. Il segretario aveva allora fatto notare al sindaco che il suo annuncio arrivava al termine di un Sinodo sulla famiglia e Marino aveva assicurato che era proprio per questo che lui ne voleva informare il Papa.
"Si prende gioco di noi!", avrebbe allora esclamato Francesco davanti cardinali e vescovi del Sinodo. E diversi partecipanti a quella scena ricordano un Papa alquanto irritato. In tutto questo resta l'incognita-Giubileo e i possibili riflessi negativi per le dimissioni del sindaco. In Vaticano, malgrado tutto, si continua a ostentare tranquillità. "Perché preoccupazione?", risponde laconicamente mons. Rino Fisichella, regista vaticano del Giubileo, al cronista che, all'ingresso dei lavori del Sinodo, gli chiede delle conseguenze della crisi amministrativa romana. "Sono problemi politici dell'Italia", aggiunge senza voler dare altri commenti. Ma all'apertura della Porta Santa mancano solo due mesi, e Roma, in attesa di legioni di pellegrini da tutto il mondo, ci arriva senza sindaco.