Aveva solo 13 anni, e combatté assieme ai partigiani a Porta San Paolo contro la barbarie nazista. Ma il 16 ottobre del 1943 fu rastrellato dai tedeschi, e morirà ad Auschwitz con il suo fratellino di 7 anni e la sua famiglia. Si chiamava Dario Funaro, era un ragazzo del quartiere Montesacro di Roma, e la sua unica colpa era essere ebreo. La sua storia è stata 'scoperta' dagli studenti del liceo classico Aristofane, coordinati dalla professoressa di storia e filosofia Maria Rosati nel corso del progetto 'Il fiore del partigiano': Dario, suo fratello e i suoi genitori sono stati ricordati mercoledì 16 gennaio con quattro 'pietre d'inciampo' proprio davanti a quella che era loro casa, in via Maiella 15. A Roma sono state 26 le pietre di inciampo che sono state posizionate tra il 15 e il 16 gennaio in tutta la città, dal centro storico alla periferia (I, II, III, V, VIII e XIII Municipio). "Per non dimenticare - concludono la professoressa e i ragazzi - e per testimoniare, come dice Primo Levi, 'che questo è accaduto'".
Sono tornate sulla strada, tra i sampietrini del quartiere Monti, anche le pietre di inciampo che lo scorso 10 dicembre erano state trafugate nella Capitale. I blocchetti dorati sono collocati sotto alle abitazioni di famiglie di deportati nei campi di sterminio nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale. La ricollocazione delle pietre che ricordano le famiglie Di Consiglio e Di Castro, effettuata a spese del Campidoglio, è avvenuta in via della Madonna dei Monti alla presenza della sindaca di Roma, Virginia Raggi. "È stato come se avessero rubato un pezzo della nostra memoria, queste pietre segnano il passo e ci ricordano la memoria tragica di questa città - ha detto Raggi - Noi non ci rassegnano a chi vuole strapparci le pietre le hanno prese ma non hanno rubato la nostra memoria. La memoria ci serve per evitare di inciampare in errori del passato già fatti, noi puntiamo molto sulle nuove generazioni ecco perché qui oggi sono stati invitati tanti studenti".