In attesa dei risultati dell'autopsia sul corpo di Giuseppe Stefano Di Negro, l'architetto spezzino di 50 anni trovato con il cranio fracassato sulle sponde di un torrente nel quartiere Braida di Sarzana (La Spezia) sabato sera, la squadra mobile e la scientifica della Spezia stanno passando al setaccio gli ultimi contatti del professionista sia sul telefono cellulare che nel pc sequestrati subito dopo il ritrovamento del corpo, avvenuto la notte di sabato.
E' infatti praticamente certo che si tratti di un omicidio: con tutta probabilità Di Negro è stato ferito mortalmente con alcuni colpi di pietra sulla testa e abbandonato dietro alla sua auto parcheggiata sul greto del torrente dove poi è stato trovato da due ragazzi.
Nulla gli è stato rubato: documenti e denaro erano ancora nel suo portafogli tanto che sarebbe esclusa l'ipotesi di una rapina mortale. Gli inquirenti stanno vagliando anche un'altra ipotesi legata alle carte che Di Negro si era recato a prendere a casa dei genitori e che non sarebbero state trovate. Intanto si cerca l'arma del delitto: una pietra o forse un bastone comunque un corpo contundente abbastanza pesante e utile a procurare una profonda ferita alla testa.
Probabilmente l'architetto Di Negro si è recato volontariamente recato nel luogo dove è stato trovato, forse per incontrare qualcuno. E' partito con la sua macchina alle 20 dalla casa dei genitori dove era andato per cercare una stampa antica. Poi poco dopo le 20, è uscito e è stato ritrovato più tardi con numerose ferite alla testa e al volto riverso sul ciglio della strada a poche centinaia di metri dall'abitazione dei genitori, quasi 'nascosto' dalla sua stessa autovettura.
Sono stati due ragazzi di vent'anni poco dopo le 21 a notare il corpo. Hanno chiamato il 112, e nell'attesa dei soccorsi hanno tentato le prime manovre di rianimazione, suggerite al telefono dall'operatore del 118. Ma quando il medico e l'ambulanza sono arrivati sul posto, per l'uomo non c'era più nulla da fare. Troppo gravi le ferite alla testa, una delle quali molto profonda nella zona parietale del cranio. Chi l'ha ferito potrebbe aver usato un sasso o un bastone ma l'arma o l'oggetto usato come tale non è stato ancora trovato nonostante le ricerche siano proseguite per tutta la giornata di oggi anche nell'alveo in secca del Calcandola.