Il ministero delle Infrastrutture e mobilità sostenibili potrebbe essere chiamato come responsabile civile, e quindi a pagare i danni, nel processo per il crollo della diga di Rapallo durante la mareggiata del 30 ottobre 2018 che provocò il naufragio di 225 imbarcazioni di lusso tra le quali anche lo yacht di Pier Silvio Berlusconi. Lo hanno chiesto le parti civili nella prima udienza del processo iniziato oggi e che vede due imputati per disastro colposo e naufragio il progettista della struttura, Ernesto La Barbera (difeso dagli avvocati Simone Vernazza e Daniela Adamo) e il dirigente del Genio civile Alessandro Pentimalli (avvocato Claudio Zadra).
Secondo l'accusa i lavori di rinforzo a cui la diga era stata sottoposta poco tempo prima della mareggiata avrebbero avuto difetti nella progettazione e non vi sarebbero state le prescrizioni tecniche e la vigilanza da parte del Genio civile.
Era poi nata una seconda indagine sullo smaltimento dei relitti e dei rifiuti che aveva portato anche a misure cautelari nei confronti dei vertici della società che si occupava del porticciolo e di un imprenditore legato a clan camorristici. Il pm Andrea Ranalli ha chiesto e ottenuto il rinvio a giudizio per 14 persone (difesi tra gli altri dagli avvocati Giuseppe Sciacchitano, Giulia Liberti, Stefano Savi, Mario Scopesi, Silvia Morini e Cesare Manzitti), tra cui l'allora direttrice della Porto Carlo Riva Spa Marina Scarpino, finita ai domiciliari, e l'allora presidente Andrea Dall'Asta, oltre a cinque società per responsabilità amministrativa, tra cui il porto Carlo Riva. Secondo quanto ricostruito dai carabinieri, Scarpino si era rivolta a Pasquale Capuano, imprenditore campano arrestato che si vantava di essere contiguo al clan dei Casalesi. Per gli inquirenti la gestione dei rifiuti aveva avuto costi bassi perché in totale spregio delle norme sulla sicurezza e ambientali, senza competenze e autorizzazioni. In processo sei le parti civili, assistite dagli avvocati Giulia Polese, Giuseppe Giacomini, Luca Giorgianni.
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