Ha rivendicato il suo ruolo di politico "a testa alta" e i suoi "meriti" nella sanità pubblica, chiedendo l'immediata scarcerazione: finito in carcere due giorni fa per corruzione, concussione e turbativa d'asta l'ex vicepresidente della Regione Lombardia Mario Mantovani ha chiesto al gip che lo ha interrogato per circa 6 ore di tornare subito libero. Nessuna "minaccia" nei confronti dei vertici del Provveditorato alle Opere Pubbliche della Lombardia, perché non ne aveva il "potere". Nessun "intervento" per truccare la gara d'appalto sul trasporto dei dializzati, ma solo una "segnalazione" di lamentele da parte di una onlus. Nessun architetto a sua disposizione per lavori gratuiti, ma solo un professionista che è stato "pagato" e che trovava da solo gli incarichi. Ore ed ore di un interrogatorio 'fiume', davanti al gip di Milano Stefania Pepe e al pm Giovanni Polizzi, per cercare di spiegare, assistito dall'avvocato Roberto Lassini, di essere "innocente".
Lassini ha spiegato che l'ex senatore "ha chiarito la sua posizione in maniera definitiva rispondendo a tutte le domande" e dunque, a suo dire, non sussistono le esigenze cautelari "anche perchè l'attesa di 13 mesi per l'emissione della misura cautelare è significativa e potevano anche non arrestarlo". Da qui la scelta, come ha chiarito, di presentare subito "un'istanza di revoca della misura e in via subordinata gli arresti domiciliari". Nell'interrogatorio Mantovani ha anche "rivendicato con gelosia - ha chiarito Lassini - il suo ruolo di politico a testa alta, la sua trasparenza e i suoi meriti nella sanità pubblica". Per il legale "il capo di imputazione più infondato è quello che riguarda la presunta turbativa d'asta, perchè Mantovani non ha mai approfittato della sua carica di assessore per speculare sul servizio di trasporto dei malati e questa è l'accusa che più lo fa dispiacere". Inoltre, secondo la difesa, Mantovani ha contestato l'ipotesi di corruzione e ha sostenuto di non aver mai minacciato i vertici del Provveditorato alle Opere pubbliche della Lombardia. mancano, a detta della difesa, le esigenze cautelari del pericolo di fuga, dell'inquinamento probatorio e del rischio di reiterazione del reato, anche perchè si è già autosospeso dalla vicepresidenza della Regione. Mantovani, ha concluso il legale, "è chiuso in se stesso, contrito ma battagliero e con il suo spirito contadino affronterà anche questa battaglia". Mantovani avrebbe infatti spiegato di non aver mai minacciato il Provveditore Pietro Baratono per far mantenere gli incarichi al funzionario Angelo Bianchi (arrestato), perché non ne aveva i poteri e ha sostenuto che non intervenne per bloccare la gara sul trasporto dei malati che in realtà non ci fu, anche perché era soltanto una ristrutturazione del servizio da parte di tre Asl aggregate.
E l'associazione Croce Azzurra Ticinia che sarebbe stata favorita svolgeva, e' la linea difensiva, il servizio solo in un territorio limitato e non valeva certo 11 milioni di euro (valore dell'appalto truccato per gli inquirenti). Per quanto riguarda il capitolo corruzione, invece, la difesa di Mantovani e' convinta di riuscire a dimostrare che l'architetto Gianluca Parrotti, che avrebbe effettuato, secondo l'accusa, lavori gratis in una serie di case e immobili di Mantovani, in realtà avrebbe ricevuto i pagamenti dovuti o dalla fondazione del politico o dalle società che amministravano quelle proprietà. E gli incarichi in appalti pubblici (per l'accusa la contropartita) se li sarebbe trovati da solo. Anche gli altri due arrestati (in carcere e' finito anche il collaboratore di Mantovani, Giacomo Di Capua) hanno respinto le accuse. Il Governatore lombardo Roberto Maroni non ha esitato a definire un "attacco" l'inchiesta che vede indagato per turbativa d'asta anche l'assessore leghista all'Economia, Massimo Garavaglia. E al termine di un vertice di maggioranza ha spiegato che anzi il caso Mantovani "ha ricompattato e rilanciato l'azione della maggioranza, che ora si riproporrà anche per il governo dei principali comuni lombardi a partire da Milano".