"Quello che è successo sette anni fa non dovrà più succedere". Il monito dell'amministrazione comunale senigalliese nel giorno in cui si ricorda l'alluvione del 3 maggio 2014. Un giorno particolarmente doloroso: l'esondazione del fiume Misa causò quattro morti e circa 180 milioni di euro di danni, mettendo intere famiglie in ginocchio.
Migliaia gli edifici allagati da oltre 13 milioni di metri cubi di acqua e fango che inondarono la spiaggia di velluto e alcuni comuni limitrofi a causa della rottura degli argini del Misa in circa 20 punti. Il primo cittadino Massimo Olivetti ha ribadito, assieme ai sindaci della vallata, la necessità della messa in sicurezza del fiume.
"Il rifacimento di alcuni tratti degli argini e la consegna del nuovo ponte non ci consentono di dire che la città sia sicura - spiega il primo cittadino - La zona alla foce è ancora estremamente pericolosa e il resto degli argini non sono da considerarsi sicuri". L'amministrazione Olivetti indica la responsabilità della politica per avere per troppo tempo sottovalutato i rischi: "Non si possono cancellare 30 anni di rallentamenti".
In questi giorni si sta verificando lo stato dei fossi cittadini, mentre è in fase di rivisitazione il sistema di allertamento della popolazione. Grazie all'asse politico con la Regione è stato avviato poche settimane fa un nuovo tavolo tecnico permanente, mentre sembra imminente la realizzazione delle vasche di espansione in zona Brugnetto-Bettolelle, in fase di gestazione da decenni.
Il coordinamento che riunisce i comitati di cittadini alluvionati sorti dopo il 3 maggio 2014 denuncia di non aver ricevuto in questi sette anni alcun supporto "da coloro che avrebbero dovuto aiutarci e rappresentarci" e ricorda che il prossimo 29 settembre al tribunale di L'Aquila si terrà il processo per l'alluvione di Senigallia: otto i rinviati a giudizio tra cui gli ex sindaci Maurizio Mangialardi e Luana Angeloni. (ANSA).