La Procura generale di Ancona fa
appello al Tribunale del riesame per evitare che a Claudio Pinti
siano concessi gli arresti domiciliari. Dopo la terza istanza
presentata dalla difesa dell'autotrasportatore di Montecarotto,
condannato a 16 anni e 8 mesi per omicidio volontario (della ex
compagna, morta di Aids) e lesioni gravissime alla ex fidanzata
per aver trasmesso alle due donne l'Hiv con rapporti non
protetti senza informarle che era sieropositivo, la Corte di
Assise di Appello aveva accolto la richiesta dei domiciliari
presentata dall'avvocato Massimo Rao Camemi, dettata anche dalle
condizioni di salute di Pinti, incompatibili con il regime
carcerario. Il presidente della Corte Giovanni Trerè aveva
motivato la decisione, spiegando che Pinti aveva abbandonato la
tesi negazioniste e che quindi non c'era il rischio di reiterare
il reato. La notizia dei domiciliari ha suscitato un lungo sfogo
sui social della ex fidanzata, che lo aveva denunciato, e che ha
lamentato di essere stata "tradita" dalla giustizia. A
presentare appello al riesame questa mattina è stato il
procuratore generale Sergio Sottani unitamente al sostituto
della Procura generale Cristina Polenzani. "Non riteniamo
incompatibile la permanenza a Rebibbia - spiega Sottani -, può
essere curato dal carcere". La decisione è stata presa
autonomamente anche se gli avvocati di parte civile avevano
presentato un'istanza alla Procura per l'impugnativa. "Non c'è
stato bisogno - precisa Sottani - lo abbiamo fatto
autonomamente". Il riesame ha dieci giorni di tempo per
esprimersi. Intanto la decisione del presidente Trerè va avanti
perché la richiesta della Procura non ha valore sospensivo.
Entro il 10 maggio Pinti può tornare a casa a Montecarotto ai
domiciliari, con braccialetto elettronico. Se il riesame poi
accoglierà la richiesta della Procura, ritornerà in cella.
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