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Salari sono inferiori alla media nazionale in Umbria

Elaborazioni provinciali realizzate dal Centro Studi Tagliacarne

(ANSA) - PERUGIA, 17 FEB - Salari e stipendi pro-capite nel 2021 in provincia di Perugia sono inferiori del 3,1% rispetto alla media nazionale, mentre in provincia di Terni il divario con la media nazionale si allarga di molto: -24%. È quanto emerge dalle elaborazioni provinciali realizzate dal Centro Studi Tagliacarne sulle voci che compongono il reddito disponibile a prezzi correnti.
    Con questi dati (nel 2021 12mila 085,92 euro di redditi da lavoro dipendente pro capite in provincia di Perugia, 9mila 483,63 euro in quella di Terni, 12mila 473,2 euro la media italiana), Perugia si piazza al 32esimo posto nella graduatoria nazionale delle 107 province italiane e Terni al 57esimo.
    In provincia di Terni, tuttavia, salari e stipendi pro-capite dal 2019 al 2021 sono cresciuti del 4,8%, superando di netto la media italiana (+2,5%) e segnando un aumento doppio rispetto al +2,4% registrato in provincia di Perugia. In valori assoluti, nella media nazionale un dipendente ha ricevuto 301 euro lordi in più nel 2021 rispetto al 2019, in provincia di Perugia l'incremento è stato invece di 283 euro e in provincia di Terni di circa 434 euro.
    In vetta in termini di valori per redditi da lavoro dipendente pro-capite ci sono le province di Milano, Bolzano, Bologna e Parma. Basti pensare che a Milano le buste paga sono due volte e mezzo più pesanti della media nazionale (e di quella della provincia di Perugia) e 3,21 volte rispetto alla provincia di Terni.
    Il rapporto evidenzia che "in Italia le buste paga più leggere in 22 province su 107 tra il 2019 e il 2021. In queste aree un lavoratore dipendente ha perso in media nel triennio 312 euro, a fronte di una crescita nazionale di circa 301 euro. Sensibili sono le differenze a livello territoriale.
    "L'Umbria - afferma il presidente della Camera di Commercio dell'Umbria, Giorgio Mencaroni - è impegnata nel recupero della produttività e dell'innovazione che ha iniziato a perdere all'inizio degli anni Duemila e che sono poi crollate durante la grande recessione seguita alla crisi dell'economia finanziaria mondiale del 2007-2008. Aumentare la produttività, sia quella di sistema sia quella aziendale, il che equivale a fare importanti balzi innovativi, è la via maestra per la crescita dell'economia e per quella delle retribuzioni, che però andrebbero aiutate nel breve e medio con un robusto taglio del nucleo fiscale, per mettere in condizioni di parità rispetto agli altri Paesi europei. Detto questo, è importante osservare due cose dei dati del Tagliacarne: il primo è che, nelle aree - a cominciare da Milano - dove salari e stipendi sono assai elevati, questi rappresentano oltre il 90% del reddito disponibile degli stessi lavoratori dipendenti, mentre nelle altre regioni tale quota è più bassa. Ciò significa che in altre regioni i lavoratori dipendenti godono di ulteriori entrate. E poi il fatto che anche il costo della vita a Milano è assai più elevato che altrove.
    Questo per dire che i modelli di sviluppo possono essere diversi e certamente l'Umbria, se deve assolutamente effettuare un forte recupero di produttività e di innovazione, deve tuttavia guardare a un modello di crescita che non distrugga i fattori della sua qualità della vita e che non stravolga le vocazioni della regione. L'obiettivo deve essere quella di diventare una regione ideale dove poter vivere e fare impresa. Insomma, è verissimo che al Nord l'oro c'è e luccica. Ma è anche vero che non tutto ciò che luccica è oro". (ANSA).
   

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