(di Isabella Maselli)
Un thriller psicologico, a tratti
divertente, sul culturismo e sulla "mascolinità tossica", sui
muscoli che come uno scudo dal mondo esterno nascondono
fragilità e insicurezze. E' Muscle, il film di Gerard Johnson in
concorso per la sezione Panorama internazionale al Bif&st, il
Bari international film festival.
Proiettato ieri sera al teatro Piccinni, il film racconta
in bianco e nero la storia di Simon Barrett, interpretato da
Cavan Clerkin, che in un momento di insoddisfazione, stanco
della sua vita e del suo corpo grassoccio, stufo del suo lavoro
senza prospettive in un call center e del rapporto in crisi con
la compagna, Sarah, interpretata da Polly Maberly, decidere di
andare in palestra. Qui attira l'attenzione di Terry (Craig
Fairbrass), l'intimidatorio allenatore che si offrirà di
seguirlo e gli sconvolgerà la vita, fino a diventare il suo
capo, amico e coinquilino. Simon inizia a rimettersi in forma e
la sua vita migliora a tal punto da farlo diventare il miglior
venditore al lavoro, ma l'uso di steroidi lo trasformerà in un
mostro furioso fino a fargli perdere lavoro e ragazza.
"Lavoravo da tempo sull'idea di fare un film sul culto e
sulla cultura della palestra, poco raccontato dal cinema" dice
il regista, spiegando che "non sempre ma molto spesso chi fa
palestra ha insicurezze che tende a coprire con i muscoli, come
si fa con i tatuaggi. Così accade che le persone che
costruiscono questo scudo dal mondo esterno, hanno avuto traumi
o sono semplicemente insicure e la loro è una richiesta di
sicurezza, di protezione". Ed è per questo che "c'è anche tanta
positività" nel messaggio di film, perché "la palestra può
aiutare in momenti particolarmente bui della vita. Il
cambiamento che vedi nel tuo corpo ti fa sentire meglio e poi -
aggiunge Johnson - la palestra diventa un surrogato del pub, un
luogo di ritrovo e di confidenze, dove gli uomini conducono un
proprio personale percorso per incanalare rabbia e
frustrazioni".
Ma è anche un film sulla "mancanza di comunicazione" per
usare le parole dell'attrice Polly Maberly, che fornisce una
chiave di lettura da una prospettiva diversa, quella della donna
infelice, spinta al limite della propria frustrazione, che
chiede aiuto al suo uomo, Simone, il quale però cerca e trova la
salvezza altrove, lontano da lei e "questo finirà per
allontanarli definitivamente. Si dice sempre - sottolinea
l'attrice - che il limite degli uomini sia di non riuscire a
condividere emozioni e sentimenti. Nella relazione tra i due
personaggi del film, questo si vede".
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