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Donna uccisa in Sardegna, il fidanzato confessa: 'Mi aveva rimproverato per il tavolo sporco'

Dimitri Fricano, 30 anni, era unico indagato per omicidio

Resta in carcere Dimitri Fricano, il trentenne che ha confessato di avere ucciso, lo scorso 11 giugno durante una vacanza in Sardegna, la fidanzata Erika Petri, 28 anni. Il gip Paola Rava, del tribunale di Biella, ha convalidato l'arresto dell'uomo, negando i domiciliari che avevano chiesto i suoi legali, gli avvocati Alessandra Guarini e Roberto Onida.

Gli atti sono stati trasmessi alla procura di Nuoro, titolare dell'inchiesta. I difensori, intanto, non hanno ancora deciso quale linea adottare per la difesa, in attesa che i Ris diano l'esito delle ultime rilevazioni eseguite nella villetta di Lu Fraili, dove la giovane donna è stata accoltellata. I racconti del fidanzato sulla dinamica dei fatti sarebbero infatti ancora "confusi".  

DIFESA, CONTRARI A TRASFERIMENTO A NUORO - Non c'è nessuna richiesta, al momento, da parte del procuratore di Nuoro Andrea Garau di trasferimento di Dimitri Fricano nel carcere nuorese di Badu 'e Carros. Richiesta alla quale i difensori del giovane reo confesso, Alessandra Guarini e Roberto Onida, si opporrebbero, anche per le "particolari" condizioni di salute dell'indagato, per cui verranno chiesti i domiciliari.

"I detenuti devono stare nella regione di appartenenza per stare più vicini ai familiari - ha detto all'ANSA l'avvocata Guarini - chiederemo al più presto la misura cautelare degli arresti domiciliari in quanto riteniamo che le condizioni psicologiche e le diverse problematiche di Dimitri, che assume diversi farmaci, siano incompatibili con la detenzione in carcere".

La confessione per Dimitri Fricano è arrivata a oltre un mese dall'omicidio, prima di allora il giovane aveva sempre sostenuto la tesi della aggressione per rapina. "Il movente non sono state certamente le briciole di pane - precisa l'avvocata Guarini - quella è stata la miccia che ha acceso la lite, ma il movente è più ampio e profondo. Le briciole di pane sono state l'ennesimo rimprovero a Dimitri in un contesto di disagio che il giovane ha maturato nel tempo.

Aspetti di cui non si può dire di più ma che saranno chiariti a processo". Nel convincere Dimitri alla confessione un ruolo importante lo avrebbe avuto anche l'ex comandante nazionale del Ris Luciano Garofano, che insieme a un team di esperti, su incarico dei difensori di Dimitri, dalle accertamenti tecnici svolti nella villetta a San Teodoro avrebbe raccolto elementi che incastravano il trentenne biellese.

LA CONFESSIONE - "Sì, l'ho uccisa io. Stavamo litigando". Dopo quarantuno lunghissimi giorni di indagini, di voci, di sospetti e depistaggi, il biellese Dimitri Fricano, 30 anni, ieri ha confessato. E' stato lui a vibrare quelle coltellate a Erika Fiore, 28 anni, la sua fidanzata, nella casetta in Sardegna dove entrambi stavano trascorrendo una vacanza. E' stato lui, non quel fantomatico e feroce ladro sconosciuto di cui aveva sempre raccontato.

Un litigio. Scaturito da un nonnulla. Dimitri, la mattina del 12 giugno, vuole uscire per comperare le sigarette. "Erika - ha detto ieri ai propri avvocati - mi ha rimproverato: il tavolo è sporco, ci sono delle briciole, sei il solito fannullone". Poi l'esplosione di violenza. I carabinieri troveranno mobili rovesciati, ciocche di capelli sul pavimento, Dimitri con una ferita alla testa ("lei mi ha colpito con un fermacarte in pietra") ed Erika a terra, il collo trafitto da un coltello per tagliare il pane. I tempi sono facili da ricostruire: alle 11 la ragazza manda un sms alla madre, "Tutto bene - baci", alle 11:18 arriva la prima ambulanza. Per i genitori di Erika, Fabrizio Preti e Tiziana Sulman, è dolore che si aggiunge a dolore.

"Dimitri per noi era come un figlio. Abbiamo sperato fino all'ultimo che fosse innocente. Ma ora vogliamo capire come sono andate le cose. No, la versione della lite non ci convince. Non possiamo credere che la causa di tutto siano state due briciole sul tavolo". Toccherà all'inchiesta fare la chiarezza necessaria. Dimitri, dopo la confessione resa a Biella nello studio dell'avvocato Alessandra Guardini in collegamento video con un altro legale, il sardo Roberto Onida, è in stato di fermo. Domani sarà interrogato da un gip nella città piemontese. Poi il fascicolo verrà trasmesso alla procura di Nuoro, competente per territorio.

Dimitri ha passato quarantuno giorni a negare. Non aveva convinto né i carabinieri né i magistrati. Ma nel frattempo erano cominciate le indagini parallele degli avvocati delle due famiglie, con il sopralluogo nella villetta di San Teodoro da parte di un ex generale dell'Arma, Luciano Garofalo, già comandante del Ris, e il lavoro discreto ma costante di un investigatore privato, Nicola Santimone. Il trentenne, che era seguito da una psicologa di Ivrea, Daniela Ponzetti, alla fine è crollato. Il peso era diventato insopportabile.

E' stata la mamma, Simonetta, la prima a rendersene conto e a interpellare gli avvocati. "In accordo con i genitori di Dimitri - commenta l'avvocato Guardini dopo avere accompagnato il giovane in procura a Biella - il nostro obiettivo è sempre stato quello di arrivare alla verità, qualunque potesse essere. Questo anche nel rispetto di Erika e della sua famiglia, che non dovrà attendere per avere giustizia". Costernata Raffaella Molino, sindaco di Pratolungo (Biella), il paesino di Erika. "Noi le volevamo bene. Tutti. Era una bravissima ragazza. E adesso è come se fosse stata uccisa per la seconda volta".

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