Non ci sarebbero evidenti segni di violenza sul corpo di Manuel Piredda, muratore 27enne di Gonnesa, né ferite d'arma da fuoco o lesioni provocate da oggetti contundenti. Nessuna frattura o danni al cranio: il giovane, quindi, non sarebbe morto per traumi esterni e neppure per avvelenamento, ma i periti del Gip di Cagliari, Elena Mazzeo e Claudia Trignano, tendono anche ad escludere che sia stato l'incendio ad ucciderlo, visto che nei resti dei polmoni non sono state trovate tracce di fumo.
Questi, a quanto si è appreso, i primi esisti dell'incidente probatorio iniziato, a porte chiuse, davanti alla giudice Maria Gabriella Muscas dopo la riesumazione del cadavere. Indagata con l'accusa di incendio doloso e omicidio - a seguito dell'esposto della famiglia della vittima - c'è l'ex moglie Valentina Pitzalis, diventata un simbolo in Italia, e non solo, della violenza sulle donne: il 18 aprile 2011 rimase sfigurata nel rogo della sua casa a Bacu Abis, nel Sulcis, costato la vita a Piredda.
Le indagini erano state riaperte nell'agosto 2017 proprio con l'esposto presentato dai legali della famiglia del giovane muratore, che non ha mai creduto alla ricostruzione dell'ex moglie. Gli accertamenti svolti subito dopo l'incendio avvalorarono il racconto fornito dalla donna ai soccorritori: Piredda avrebbe cercato di ucciderla cospargendola di benzina e dandole poi fuoco, ma lui stesso sarebbe rimasto avvolto dalle fiamme morendo nel rogo.
Ora, con gli esiti della perizia degli esperti nominati dalla Gip, scatterà la battaglia dei consulenti di parte: da una parte quelli dell'avvocata Adriana Onorato, che difende la Pitzalis, dall'altra il pool incaricato dai legali che tutelano la madre del muratore, Flavio Locci e Stefano Marcialis. Conclusa l'udienza, la mamma del giovane ha dichiarato ai giornalisti: "Manuel era già morto quando è arrivato il fuoco". Si continua il 18 marzo.
Riproduzione riservata © Copyright ANSA