L'ha immaginata come un'agorà dell'arte ma anche un giardino di pace, Pinuccio Sciola, la sua San Sperate. Da borgo rurale a spazio creativo, etico, di libertà, aperto al confronto, senza confini. Dal contemplare al fare, il sogno ha preso forma nel museo a cielo aperto, tra murales, installazioni, pietre sonore. Al visionario ed eclettico scultore, pittore, scenografo, scomparso nel 2016, il filosofo della scienza Silvano Tagliagambe dedica un originale e prezioso volume: "L'arte e l'immaginazione produttiva. L'opera di Pinuccio Sciola", edito da Isolapalma. L'autore, in un affascinante itinerario, segue le tracce dell'artista che, partendo dalla realtà, ha sprigionato "energia, immaginazione, progettualità, desiderio di cambiamento" per dare al suo paese "una nuova possibilità".
Entra nel terreno a lui più congeniale, la filosofia, Tagliagambe, per illuminare il percorso creativo di Sciola e inserirlo a pieno titolo in un quadro di teorie sull'arte che da Pavel Florenskij riconduce a Kant, e poi oltre fino a Wittgenstein, e "di cui la sua opera è espressione a un tempo esemplare e originale". E lo annuncia già dal titolo, sintesi e chiave per comprendere la sua anima artistica. Parte da Kant l'apprezzato saggista e accademico lombardo, cagliaritano d'adozione - "Immaginazione è la facoltà di rappresentare un oggetto, anche senza la sua presenza, nell'intuizione" - per svelare che "tutto il percorso dell'artista contadino incarna e ben rappresenta questa riflessione sull'arte, in una dimensione di superamento dell'estetica del bello e della percezione sensoriale".
Idea ripresa e condivisa, poi, da Florenskij. E che trova il suo apice nel "giardino sonoro", abitato dalle sculture in calcare e basalto capaci di "tessere, attraverso il loro suono un dialogo continuo con l'universo intero, con la voce delle stelle e dei pianeti". Uno sguardo inedito su Sciola. "Il Giardino delle pietre sonore è il luogo nel quale l'artista ha voluto esprimere la sua concezione dell'arte come immaginazione creativa, produttiva e non riproduttiva, un luogo reale, ma Sciola intende esplorarne le possibilità inespresse".
Per ribadire il concetto cita "L'uomo senza qualità" di Robert Musil. "Sciola - scrive Tagliagambe - ha fatto delle sue pietre dei simboli, espressioni dei vincoli posti dal 'senso della realtà', e assimilabili a quelli che Musil chiamava gli 'stipiti duri', e nello stesso tempo resi flessibili, leggeri e quasi trasparenti dalla mano dello scultore, che ne trae tutte le configurazioni possibili, rendendoli espressioni del dialogo tra le loro viscere e l'universo interiore dell'artista".
Dal libro emerge la figura di un "uomo concreto e d'azione, individuo della possibilità, dotato di una straordinaria forza creativa, capace di vedere e pensare diversamente e stimolare, con la sua arte, gli altri a fare altrettanto". "Pinuccio Sciola - sottolinea Tagliagambe - ha lasciato un segno forte nell'immaginario dell'Isola e sull'Isola e ben oltre i suoi confini, con la sua arte capace di dialogare con il territorio e trasfigurare il paesaggio". Una magnifica, luminosa eredità, tra utopia e realtà.
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