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Le comunità terapeutiche in Sardegna "costrette a chiudere"

Le comunità terapeutiche in Sardegna "costrette a chiudere"

"Rette ferme a 10 anni fa per la cura delle dipendenze"

CAGLIARI, 05 novembre 2022, 12:17

Redazione ANSA

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Dopo numerose richieste presentate alle istituzioni i presidenti delle Comunità terapeutiche accreditate in Sardegna denunciano che le rette giornaliere ferme dal 2012 "non permettono più la cura del paziente e la gestione del personale. Senza soluzioni immediate, "tutte le strutture - denunciano con un annuncio pubblicato sul quotidiano L'Unione Sarda - saranno costrette a chiudere entro pochi mesi".
    "All'interno delle strutture accreditate vengono accolte persone, inviate dal servizio pubblico, con problemi di dipendenza da sostanze stupefacenti, da alcolismo, da gioco d'azzardo, detenuti in misure alternative - scrive il Coordinamento che riunisce le principali realtà di questo settore come Mondo X-Sardegna, L'Aquilone, La Crucca, Casa Emmaus, Madonna del Rosario, Arcobaleno; Centro di accoglienza Don Vito Sguotti, Dianova - La maggior parte di queste persone sono affette da disturbi mentali e a forte rischio di emarginazione sociale. Centinaia di pazienti con problemi di dipendenza e disturbi mentali correlati dai prossimi mesi non avrebbero più un luogo sicuro e protetto dove curarsi e rientrerebbero quindi nei loro territori, con un grande rischio sia per le famiglie che per i comuni di residenza".
    Le strutture accreditate fungono infatti da "contenitore sociale" per centinaia di persone. "Le comunità sarde in 35 anni di attività hanno accolto e curato oltre 30.000 persone, supportando nel contempo le loro famiglie e i servizi sociali dei territori e dando lavoro a più di 600 persone in tutto il territorio della regione - si legge ancora nella denuncia pubblica firmata tra gli altri da Padre Salvatore Morittu, noto alla cronache per essere stato insignito dell'onorificenza di Commendatore dal presidente Mattarella - La chiusura delle strutture accreditate creerebbe un consistente aumento della spesa pubblica, in quanto le prestazioni sanitarie non più fornite nella Regione Sardegna, verrebbero contrattualizzate alle strutture accreditate di altre regioni, con costi molto più elevati e con gravi ritardi nell'inserimento, in quanto le strutture delle altre regioni assegnano priorità agli ingressi dai propri territori".
   

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