E' la leader della svolta. La figlia che per sete di potere ha scaricato anche il padre Jean-Marie Le Pen. Via gli skinhead, i guanti di pelle nera, i dobermann alla porta di casa, le decorazioni militari dal sapore nazifascista. Via i gadget dei nostalgici colonialisti o del regime collaborazionista di Vichy, le uscite di connotazione xenofoba o razzista: da quando nel congresso di Tours del gennaio 2011 è succeduta al padre fondatore, ormai vecchio ottantenne incarnazione di un'ultradestra reazionaria fuori dal tempo, Marine Le Pen ha lavorato a muso duro per 'ripulire' l'immagine del partito e conquistare un massimo di elettori. Una profonda opera di maquillage politico con l'obiettivo di far passare il Fronte per una formazione più moderna e repubblicana radicata nel territorio e pronta a governare per davvero con il sogno dell'Eliseo nel 2017.
Scommessa apparentemente vinta. A cominciare dall'astuta mossa di fare dimenticare il suo cognome. Dai 'diner en ville', le cene dell'alta società parigina fino al più remoto bar di provincia la stragrande maggioranza dei francesi è ormai caduta nel 'trabocchetto' riferendosi a lei con un semplice e familiarissimo 'Marine', manco fosse una parente stretta. Il cantiere di 'riabilitazione' politica della Le Pen - che ormai si dice pronta ad assumere le redini del Paese anche se manca drammaticamente di una equipe dirigente in grado di riempire i ranghi di un governo - ha incassato il primo grande risultato nel maggio del 2014, quando nelle elezioni europee issò il Fronte al primo posto, dopo una campagna concentrata sui temi legati alla crisi e all'organizzazione di un referendum per l'uscita dall'euro.
La bionda avvocatessa prestata alla politica si è liberata dei lepenisti duri e puri ed ha proceduto all'espulsione di quei candidati che si macchiavano di uscite xenofobe o razziste, aprendo anche ai gay. Niente sconti neanche per il padre fondatore Jean-Marie ormai fatto fuori e privato della sua carica di presidente onorario.
"Forse mi vorrebbe morto", commentò una volta il vecchio patriarca, riferendosi a una figlia che nell'inarrestabile corsa verso il potere non esita a schiacciare anche gli affetti più cari.