Al passaggio fra anni Ottanta e Novanta Helmut Kohl disse che "il treno della riunificazione tedesca sta passando e noi dobbiamo prenderlo", e oggi quel treno si sta avvicinando alla penisola coreana: ne è convinto Shim Yoon-joe, ex viceministro degli esteri sudcoreano e attuale responsabile per la riunificazione delle Coree nel parlamento di Seul, che oggi ha partecipato a un Forum organizzato dall'ANSA e dal Centro Studi internazionali (Cesi).
"Il giorno della riunificazione fra le due Coree è più vicino che mai, anche se non sappiamo esattamente quando arriverà", ha detto Shim, secondo cui il Sud si deve preparare a questa evenienza sul piano interno, "ottenendo l'appoggio del nostro popolo sudcoreano" alla causa, e su quello internazionale, nel quale giocano un ruolo gli Stati Uniti, la Russia, il Giappone e l'Onu e l'Ue, ma soprattutto - questa è una novità - la Cina.
La Cina, ha spiegato Shim, gioca un ruolo importantissimo in questo contesto: "Senza Pechino le sanzioni alla Corea del Nord sarebbero porose e fallirebbero. Abbiamo la collaborazione fattiva della Cina (storico, affidabile alleato del Nord, ndr) nell'applicazione delle sanzioni internazionali". Le sanzioni, secondo Shim, "se avranno successo impediranno al leader Kim Jong-un di sviluppare il suo programma nucleare appieno, o almeno la rallenteranno", e "gli impediranno di portare avanti la sua nuova strategia dello sviluppo simultaneo della difesa nucleare e dello sviluppo economico" di un Paese molto povero come il suo, obbligandolo, in parole povere, a venire a patti. E se anche Pechino "è ancora riluttante ad accettare l'idea di un crollo del regime di Pyongyang", ha detto Shim, Cina e Stati Uniti hanno chiarito che non accetteranno mai di inserire la Nord Corea nel club dei Paesi nucleari. "Prima o poi la Corea del Nord dovrà abbandonare le sue ambizioni atomiche", ha aggiunto il politico sudcoreano, che si è detto "cautamente ottimista". Uno dei fronti, quello delle Coree, che sfida anche le forme tradizionali del pensiero strategico: e così anche nella Nato - ha spiegato l'on. Andrea Manciulli, presidente della delegazione parlamentare presso l'Assemblea plenaria dell'Alleanza atlantica - "bisogna occuparsi del Nord Corea non solo come quadrante geografico locale, ma perché è esempio della mutazione strategica" tipica del nostro tempo, "in cui quella nucleare s'intreccia con altre forme di deterrenza", come quella informatica, per esempio, e richiede un approccio globale.
Infine, ha concluso Shim, "dobbiamo conquistare il cuore anche dei nordcoreani", lavorando sulla "promozione dei diritti umani" in un Paese chiuso al mondo esterno e nel quale le violazioni sono all'ordine del giorno. Come? Con il bastone e la carota: aiutando le persone che fuggono dal Nord verso il Sud e anche facendo sapere ai dirigenti del Nord che in caso di riunificazione qualcuno dovrà pagare per le violazioni commesse.
Alla prospettiva di una Corea unita, che riunisca il popolo, si lavora a più livelli, anche su quello linguistico: un progetto al quale l'ambasciata coreana in Italia sta lavorando con il Cesi, illustrato oggi dalla prof.ssa Vincenza D'Urso dell'Università Ca' Foscari di Venezia, prevede una "riunificazione" linguistica, considerando che in oltre 60 anni di separazione forzata le due "metà" hanno adottato diverse strade linguistiche che si sono allontanate. Da parte sua il sen. Mario Mauro, ex ministro della Difesa, che ha partecipato al Forum ANSA, ha detto di ritenere che la politica sempre più aggressiva di Pyongyang nei confronti del Sud è finalizzata ad ottenere una relazione diretta e privilegiata con gli Stati Uniti" di Barack Obama, che nell'Estremo Oriente e nel Pacifico si sta agendo sulla leva politico-militare e anche su quella economica per contenere la Cina, il vero grande rivale strategico. Un rapporto diretto, quello a cui aspira la Corea del Nord, simile a quello ottenuto dall'Iran, scavalcando alleati tradizionali di Washington come l'Arabia saudita e gli Emirati, e che, nello scacchiere coreano "finisca per marginalizzare Seul". Secondo Shim, se Obama fallisce sul fronte coreano, "danneggerebbe il rilancio della sua immagine" che la chiusura di dossier di Cuba e l'Iran gli hanno dato.