Il nuovo M5s 2.0, quello che aprirà "la fase due", il secondo tempo del Movimento che avanza a passo di gambero vede il suo futuro in un ritorno alle origini. Con Beppe Grillo che si riprende in mano lo scettro pentastellato ma vuole porte aperte al nuovo che avanza. Un nuovo che non può prescindere da quella compattezza mancata nei giorni del caos romano e che Davide Casaleggio, al suo 'esordio' davanti alla platea degli attivisti, chiama con nettezza. "Restiamo uniti, solo uniti realizzeremo un sogno che era di mio padre e che oggi è di milioni di persone", è il monito del figlio di Gianroberto. Nel pomeriggio è invece Grillo a dettare la linea.
Ed è una linea che risente delle forti tensioni interne. "Se devo fare il capo politico lo farò. Io ci sono a tempo pieno. Non posso più con il passo di lato. Io voglio stare con il M5S fino alle elezioni e vincerle", annuncia, confermando le impressioni che lo vedevano tornato alla guida. Ammette anche "gli sbagli che abbiamo fatto" l'ex comico, ma è certo che in definitiva gli italiani delle beghe interne del M5s "se ne strasbattono". E i numeri lo dimostrano: quando ha temuto che potesse venire giù il castello costruito con pazienza per anni a causa dei litigi, poi si è rasserenato: "Ho visto che siamo calati dello 0,1%-0,2%". Ma per andare avanti qualcun altro dovrà fare un passo indietro. Non nomina il direttorio ma apre spazi a chi sarà in grado di servire la causa del Movimento.
E alle nuove generazioni. "Siamo davanti alla prima fase di un grande esperimento, ci sarà una seconda fase e la inaugureremo stasera" dice il leader che spiega: "Fase 2 vuol dire che parlo di una seconda generazione, parlo dei giovani che si avvicinano adesso e devono capire cosa è il Movimento" Non nega rivalità nel Direttorio: "Forse sì, ma è normale, del resto la tv è immagine, c'è quello che funziona di più o quello che funziona meno".
Tanto più che i parlamentari li ho visti "un po' stanchi, ma è normale", aggiunge Grillo, non annunciando ancora nulla sulla cessione del simbolo, che ora resta saldo nelle sue mani. Ma, a sorpresa, "la settimana prossima uscirà un regolamento". Non solo: in "tv andrà solo chi dovrà parlare di un tema, del nostro programma. Si va in tv sulla base dei programmi". Così come sul palco di Palermo dove i componenti del direttorio si sono alternati agli altri portavoce intervenendo sui temi di loro competenza. La fine nei fatti del direttorio la certifica anche Roberto Fico: "Il direttorio non è un organo politico del Movimento. Non esiste il direttorio, esistono persone che decidono per le loro competenze, esistono funzioni". E insiste nella sua 'crociata' purista. "Dobbiamo restare ancorati a ciò che siamo. Dobbiamo rimanere fedeli a noi stessi".
Il Movimento, ripete, "è partecipazione e condivisione" e "noi andiamo avanti su questa strada. Non esistono Vip o Big. Non esiste Fico o Di Maio, esistono persone che partecipano". Facile a dirsi. A Palermo irrompe Alessandro Di Battista che arriva trionfante sulla sua moto che lo ha portato a spopolare le piazze in giro per l'Italia con la sua campagna per il No alla riforma. Guadagnandosi i galloni sul campo. E la conclusione della serata se da un lato vede sul palco tutti gli esponenti 5 Stelle, dall'altro certifica l'emergere di un 'tridente': quello formato da Alessandro Di Battista, Luigi Di Maio e Davide Casaleggio. Sono loro a chiudere la serata, ad essere presentati assieme come i paladini dell'onestà. A non avere, a differenza degli altri, confini tematici. "Siamo la prima forza del Paese e governiamo Roma", è lo slogan di Di Maio secondo cui, con il No ai Giochi olimpici "abbiamo salvato dal dissesto Roma".