Nel 2017 "è realistico dire che dobbiamo prepararci ad affrontare lo stesso numero di arrivi di migranti del 2016 sulla rotta del Mediterraneo centrale", dalla Libia verso l'Italia", circa 180mila. Lo spiega il direttore esecutivo di Frontex Fabrice Leggeri all'ANSA. E al di là delle soluzioni di medio-lungo termine, che si concentrano sulla cooperazione con i Paesi africani, "nel breve termine, ciò a cui stiamo lavorando con l'Italia - spiega - è al rafforzamento delle registrazioni negli hotspot e ai rimpatri".
"Dobbiamo rafforzare la possibilità di effettuare i rimpatri, perché la maggior parte dei migranti in arrivo" in Italia, almeno il 60%, sono economici", spiega Leggeri. "Per questo dobbiamo essere pronti negli hotspot, per screening e identificazioni, in modo da raccogliere le prove per ottenere il laissez passer ed i documenti di viaggio dai consolati non Ue, per il loro rientro nei Paesi di origine. Con l'Italia ci stiamo impegnando su questo".
Il ministro dell'Interno Marco Minniti, in audizione al Comitato Schengen, ha sottolineato intanto che i numeri della relocation "sono del tutto insoddisfacenti: erano stati fissati 40mila ricollocamenti di profughi dall'Italia, ad oggi quelli operativi sono stati solo 3.200". "Nelle settimane scorse - ha ricordato Minniti - è stato chiuso un accordo con la Germania che ha accettato di accogliere 500 migranti al mese, tuttavia la disponibilità tedesca non risolve un problema che riguarda l'intera Europa. Faccio presente che le relocation erano obbligatorie".
"Il peccato originale - ha proseguito il ministro - è il regolamento di Dublino: quando stabilisci che il Paese di primo approdo deve affrontate il problema, non si tiene conto del principio solidale dell'Europa e le risposte per andare verso un approccio più solidale non vanno nella direzione auspicata".
Minniti ha aggiunto che "è stata completata nei giorni scorsi la formazione del primo nucleo di equipaggi della Guardia costiera libica a bordo della nave San Giorgio. Ora sono pronti e possiamo ricominciare a restituire le motovedette alle autorità libiche in modo che la Guardia costiera sia in grado di operare" ed ha precisato che "non si pone il problema di rimpatriare in Libia, perché i migranti che arrivano in Italia non sono libici e si può rimpatriare solo dai Paesi di provenienza".
L'accordo firmato con Tripoli, ha sottolineato, "testimonia la volontà molto forte del Governo Serraj, riconosciuto dall'Onu, di affrontare problema dei trafficanti di uomini. Sia Italia che Libia sono vittime del traffico di esseri umani. Ora bisogna implementare e realizzare quell'accordo". Il ministro ha parlato di "un doppio livello di intervento: la protezione delle frontiere sud della Libia che, se presidiate, diventano molto importanti per la sicurezza generale dell'area del Mediterraneo. Il controllo spetta alle autorità libiche, l'Italia può mettere tecnologie, formazione e know-how. Poi - ha proseguito - c'e' il controllo delle frontiere marine, con il rafforzamento della Guardia costiera libica. La terza fase della missione europea Eunavformed prevede l'intervento in acque territoriali libiche solo con l'autorizzazione delle autorità di Tripoli, che non c'e' e non mi sembra possa esserci. I libici dicono che gli interventi li fanno loro e noi dobbiamo quindi mettere la loro Guardia costiera nelle possibilità di intervenire fornendo motovedette, mezzi e formazione. Lunedì scorso c'è stata una riunione della sala operativa congiunta e si è lavorato a questo".