Francesco Schettino è entrato nel carcere romano di Rebibbia, dove si è costituito, non appena la Cassazione ha confermato la condanna a sedici anni di reclusione per l'ex comandante della Costa Concordia, il transatlantico che naufragò davanti all'isola del Giglio la sera del 13 gennaio 2012 per la scellerata manovra di avvicinamento effettuata ad alta velocità. A bordo erano in 4.229, tra croceristi ed equipaggio, morirono 32 persone, decine i feriti. Imponenti le operazioni di salvataggio in diretta tv nel mondo. Ottanta milioni di euro di risarcimento per le vittime e i sopravvissuti sono stati finora pagati dalla società armatrice Costa che ha ancora qualche conto in sospeso, in via di definizione con le pubbliche amministrazioni. "Busso al carcere perché credo nella giustizia", ha detto Schettino ai suoi legali Donato Laino e Saverio Senese appena gli hanno comunicato il verdetto dei supremi giudici. La decisione se la aspettava, tanto che aveva lasciato la sua casa di Meta di Sorrento per essere nei dintorni di Rebibbia ed evitare di finire in uno dei sovraffollati carceri napoletani. Non si danno per vinti i suoi difensori che preannunciano un ricorso alla Corte di giustizia Ue.
"Aspettiamo le motivazioni della Cassazione ma ritengo che nel processo a Schettino ci siano state una serie di violazioni dei diritti di difesa e faremo ricorso a Strasburgo", ha annunciato Senese davanti alle telecamere sotto il 'Palazzaccio'. "Schettino si riconosce responsabile ma non colpevole perché sulla Concordia c'era un team di comando, lui non era solo, e la nave presentava molte deficienze", ha aggiunto Senese che nella sua arringa aveva chiesto l'azzeramento del processo d'appello per irregolarità nella formazione del collegio e aveva cavalcato la tesi del "complotto e sabotaggio" da parte degli ufficiali della Concordia. Sul fatto che le responsabilità del naufragio non sono solo dell'ex comandante e non tutte le colpe sono venute a galla, ha concordato l'avvocato Massimiliano Gabrielli, del comitato 'giustizia per la Concordia', che ha difeso alcune vittime: "si è chiuso un capitolo importante di questa tragica vicenda: peccato che sia solo Schettino ad entrare in carcere". Dal Giglio, il sindaco Sergio Ortelli ha ricordato che per l'isola e i suoi abitanti, che si profusero nei soccorsi e che hanno ospitato il cantiere marittimo per il recupero del relitto fino al 23 luglio 2014, quando è stato trasportato a Genova per la demolizione, "rimane l'amarezza per la strada ancora in salita per il riconoscimento dei danni subiti e delle somme anticipate durante l'emergenza: 568mila euro che Costa non ci vuole riconoscere". Parla anche l'ex procuratore di Grosseto Francesco Verusio. "Questa sentenza - ha sottolineato - dimostra che la procura di Grosseto ha lavorato bene, anche se alla fine mi dispiace umanamente...".
'No comment' da Gregorio De Falco, l'ufficiale della capitaneria di porto di Livorno che guidò i soccorsi e invano ordinò a Schettino di risalire a bordo in una telefonata diventata virale a livello planetario e che risollevò il senso dell'onore dei marinai italiani travolto dall'abbandono della nave da parte di Schettino. Nella sua requisitoria il sostituto procuratore della Suprema Corte Francesco Salzano aveva chiesto la conferma della condanna di Schettino e il rinvio alla Corte di Appello di Firenze per inasprire la pena, in accoglimento del ricorso del Pg di Firenze che aveva chiesto la condanna a 27 anni. "E' stato un naufragio di tali immani proporzioni e connotato da gravissime negligenze e macroscopiche infrazioni delle procedure" che non è possibile concedere le attenuanti all'uomo che deliberatamente "non inviò il segnale di falla all'equipaggio per far scattare l'ammaina scialuppa e mettere subito in salvo i passeggeri", aveva sottolineato il Pg. La Cassazione ha deciso che sedici anni possono bastare.